Berberis thunbergii 'Atropurpurea'

famiglia: Berberidaceae
nome comune: crespino porpora giapponese

ETIMOLOGIA: il nome del genere è coniato dal termine arabo barbaris, col quale veniva denominato il frutto di questa pianta. L'attributo specifico è dato in onore del botanico svedese C. P. Thunberg (1743-1828), allievo e successore di Linneo, attivo studioso della flora dell'estremo Oriente, del Sudafrica e di Ceylon, promotore dell'introduzione in Europa di molte specie per la coltivazione nei giardini.




si tratta di una cultivar a foglia rosso-purpurea, simile nel portamento alla specie tipo, alta però fino a 150 centimetri. I rami sono spinosi ed i fiorellini, riuniti in piccoli racemi, hanno colore giallo-crema. Nel complesso offre motivo d'interesse in tutte le stagioni, sia per il colore purpureo del fogliame, che in autunno assume tonalità veramente ornamentali, sia per la fioritura decorativa e profumata che origina in seguito bacche rosse che permangono sulla pianta nel periodo invernale e sono molto appetite dai piccoli animali.

Calocedrus decurrens 'Aureovariegata'

famiglia: Cupressaceae
sinonimo: Calocedrus decurrens 'Aurea'
nome comune: libocedro variegato


ETIMOLOGIA: il nome generico è dato dall'unione del termine greco kalòs (bello) e da quello latino cedrus (cedro, pianta simile al cedro). L'attributo specifico latino decurrens (che scende verso il basso) è riferito alla disposizione del fogliame



il libocedro variegato è una varietà a portamento piramidale, con chioma densa e regolare.
Le caratteristiche sono simili a quelle della specie tipo, dalla quale si differenzia per il fogliame largamente ed irregolarmente chiazzato da rametti che portano foglie color giallo-oro



la crescita di questa varietà è più lenta di quella della specie tipo, rendendola più adatta ad essere impiegata anche in piccoli giardini

Berberis thunbergii 'Admiration'

famiglia: Berberidaceae
nome comune: crespino rosso giapponese

ETIMOLOGIA: il nome del genere è coniato dal termine arabo barbaris, col quale veniva denominato il frutto del crespino comune (Berberis vulgaris). L'attributo specifico è dato in onore del botanico svedese C. P. Thunberg (1743-1828), allievo e successore di Linneo, attivo studioso della flora dell'estremo Oriente, del Sudafrica e di Ceylon, promotore dell'introduzione in Europa di molte specie per la coltivazione nei giardini.






si tratta di una cultivar a portamento più ridotto e compatto rispetto alla specie tipo, con foglie di minori dimensioni e di color rosso cremisi brillante, a volte bordate di giallo. I fiori compaiono in estate e sono di colore rosa pallido: ad essi seguono bacche color cremisi. Cresce bene in tutti i tipi di suolo ed in posizioni luminose.
Per favorire la ramificazione ed una crescita più compatta, è opportuno, specialmente nei primi anni, 'pizzicare' la vegetazione, eliminando le gemme apicali e favorendo la schiusura di quelle laterali.
Questa cultivar, introdotta in coltivazione nel 2006, arriva al massimo a 40-50 cm di altezza ed altrettanti di larghezza. ottima anche la colorazione autunnale del fogliame, color rosso acceso

PIANTE CORRELATE:


Berberis thunbergii De Cand.

famiglia: Berberidaceae
nome comune: crespino giapponese, crespino di Thunberg

ETIMOLOGIA: il nome del genere è coniato dal termine arabo barbaris, col quale veniva denominato il frutto del crespino comune (Berberis vulgaris). L'attributo specifico è dato in onore del botanico svedese C. P. Thunberg (1743-1828), allievo e successore di Linneo, attivo studioso della flora dell'estremo Oriente, del Sudafrica e di Ceylon, promotore dell'introduzione in Europa di molte specie per la coltivazione nei giardini.



il crespino giapponese è un arbusto deciduo di medie dimensioni, alto e largo fino a 3 metri, originario del Giappone e delle regioni orientali dell'Asia. Ha portamento compatto, con una chioma densa e disordinata dai rami sottili e spinosi, arcuati, di colore bruno chiaro. Le spine, poste a nodi fogliari, sono lunghe e sottili, singole ma talvolta in numero di tre. Viene impiegata come pianta ornamentale in tutto l'emisfero boreale, sebbene la specie tipica sia stata soppiantata nei giardini dalle numerose varietà derivate dall'attività vivaistica. Pur preferendo terreni sciolti e leggermente acidi, con poco calcare, si adatta egregiamente a diverse condizioni pedologiche, anche su substrati difficili e poveri. Predilige esposizioni soleggiate o di ombra luminosa, tollera senza difficoltà l'atmosfera inquinata delle città e resiste molto bene alle potature piuttosto drastiche, potendo tranquillamente essere impiegato per l'arredo urbano di zone piuttosto difficoltose.


le foglie sono decidue, sub-sessili, obovate, a margine intero, di colore verde intenso sulla pagina superiore, glaucescenti in quella inferiore. In autunno assumo una colorazione rossa molto appariscente ed ornamentale



i fiori, riuniti in racemi lunghi 1-2 centimetri, sbocciano in continuazione a partire da maggio-giugno, originando piccole bacche ovoidali di colore dapprima aranciato poi scarlatto, eduli e molto gradite dagli uccelli.

PIANTE CORRELATE:


Acer campestre L. 1753



famiglia: Sapindaceae
nomi comuni: acero campestre, testucchio, oppio, loppo



ETIMOLOGIA: il nome del genere è coniato dal termine latino acer (duro, aspro) per la particolare durezza del legname. L'attributo specifico latino campestre sta ad indicare la presenza spontanea di questa specie nei campi non coltivati






l'acero campestre è un albero deciduo (talvolta un grande cespuglio) di medie dimensioni, alto mediamente fino a 7-12 metri (ma può arrivare a 18-20). E' diffuso spontaneamente in gran parte dell'Europa, spingendosi a nord fino all'Inghilterra ed alla parte meridionale della Scandinavia, mentre a sud abbraccia tutto il bacino del Mediterraneo e l'Africa settentrionale, arrivando ad est fino all'Anatolia ed il medio Oriente.
 In Italia è molto presente in pianura e nei boschi, fino ad un'altitudine di 1000 m. Il tronco è spesso contorto e ramificato, con chioma rotondeggiante lassa. La corteccia è bruna, fessurata in placche rettangolari. I rametti sono sottili e ricoperti da una peluria che li differenzia da quelli delle altre specie di acero spontanee in Italia.
Ha crescita lenta e vive bene in posizioni soleggiate oppure a mezz'ombra. Pur preferendo terreni freschi e calcarei, ben drenati, anche ricchi di scheletro, si adatta egregiamente a tutti i tipi di terreno ed è molto rustico, tollerando molto bene sia le gelate invernali che le alte temperature estive. Essendo un albero di modeste dimensioni e sopportando bene il taglio, in passato è stato ampiamente utilizzato, in particolare in Emilia-Romagna, nei vigneti come tutore vivo per la vite. Il legno veniva invece impiegato per la costruzione di utensili per l'agricoltura ed arnesi da cucina. Oggi la specie tipica è poco utilizzata nei giardini, mentre è ancora assai frequente nelle campagne, lungo fossi e canali. Trova anche sporadico impiego per siepi rustiche e come albero ornamentale, dimostrando una certa efficacia nel consolidamento di pendii franosi. E' pianta molto mellifera e le foglie costituiscono un ottimo foraggio per gli animali



le foglie sono opposte, con un picciolo di 5-7 centimetri, palmate, con 3-5 lobi rotondeggianti (che a loro volta possono essere sub-lobati) e margine liscio. La loro colorazione è verde scuro sulla pagina superiore, più chiara in quella inferiore per la presenza di una certa tomentosità. In autunno, prima di cadere, assumono una colorazione gialla molto vivace ed assai appariscente


la fioritura è pressoché insignificante dal punto di vista ornamentale. 
I piccoli fiori, poco appariscenti, di color giallo-verdastro, sono portati in corimbi eretti e pubescenti, lunghi circa 10 cm, che si formano assieme alle foglie e compaiono in maggio-giugno. Sono visitati molto volentieri dalle api


i frutti sono disamare, cioè infruttescenze formate ciascuna da due samare con ali contrapposte a 180°, generalmente lunghe da 2 a 4 cm. In fase di maturazione hanno un colore giallastro o verde chiaro, con sfumature rossastre, mentre a maturità, in autunno, virano verso il bruno. Quando si staccano dalla pianta le due ali permettono loro di essere trasportati anche a grande distanza.



USO ALIMENTARE ED OFFICINALE: le parti della pianta non vengono consumate direttamente, ma i fiori permettono alle api di produrre un ottimo miele, mentre i frutti tostati costituiscono un surrogato del caffè. Le foglie costituiscono un ottimo foraggio per gli animali domestici. Il decotto di corteccia, naturalmente da usarsi sotto il controllo di uno specialista, ha efficacia nella cura degli eritemi della pelle, dimostrando anche blande proprietà anticolesterolemiche ed un effetto stimolante sul metabolismo


Waldsteinia ternata Willd.

famiglia: Rosaceae
sinonimo: Waldsteinia sibirica

ETIMOLOGIA: il nome del genere è riferito ad un botanico austriaco, conte di Waldstein-Warterburg (1750-1823), autore di opere descrittive sulla flora dell'Ungheria. L'attributo specifico latino ternata indica la suddivisione della foglia in tre foglioline



la waldsteinia è una pianta erbacea perenne semi-sempreverde, a portamento tappezzante, originaria dell'Asia centro-orientale (Siberia, Cina e Giappone), alta fino a 10-15 centimetri e larga fino a 15-30, molto simile alla fragola. Si allarga mediante l'emissione di stoloni ed ha una crescita abbastanza lenta. Cresce altrettanto bene sia al sole che in posizioni semi-ombreggiate, in terreno umido o secco (nei terreni secchi ed ombrosi la crescita è però molto ridotta). È sicuramente una tappezzante dalle basse esigenze colturali, che raramente tende ad essere invasiva verso le altre piante. La divisione delle piantine per moltiplicarle può essere effettuata in autunno od in primavera



le foglie sono lucide e di colore verde scuro, prevalentemente basali, ternate e lungamente picciolate, lunghe fino a 12 centimetri, con le singole foglioline a forma di conchiglie coi margini dentati e più o meno profondamente lobati


i fiori, simili a quelli della fragola ma di colore giallo brillante, sbocciano da aprile a giugno e sono portati in infiorescenze composte da 3-7 elementi larghi ciascuno circa 2 centimetri

Viburnum opulus L. 1753

famiglia: Caprifoliaceae
sinonimi: Viburnum trilobum Marsch
nome comune: pallon di maggio, palla di neve

ETIMOLOGIA: il nome del genere è quello con cui gli antichi romani chiamavano questa pianta, pare originatosi dal termine viere (legare, intrecciare), riferito alla flessibilità dei rami, un tempo utilizzati per costruire cesti. L'attributo specifico opulus è l’antico nome latino dell’acero campestre, ed è dovuto alla somiglianza delle foglie a quelle di quella pianta



il viburno 'palla di neve' è un grande arbusto od un piccolo alberello caducifoglio alto fino a 3-4 metri, con chioma generalmente ovata od arrotondata, diffuso nell'emisfero settentrionale dall'Europa al Giappone, molto decorativo per la sua caratteristica ed abbondante fioritura, con fiori di colore bianco, profumati e riuniti in corimbi o cime ombrelliformi. In Italia è diffuso allo stato spontaneo principalmente nelle regioni settentrionali, dove vive in luoghi umidi e freschi, in posizioni assolate oppure nel sottobosco luminoso. Sopporta molto bene l’aria inquinata delle città e, pur adattandosi bene ai diversi substrati, predilige i suoli calcarei e ricchi di sali minerali. Tra tutti i viburni è senz’altro il più diffuso sia come specie originaria, indigena in Italia, sia come specie ornamentale nelle numerose varietà derivate dalla selezione vivaistica


le foglie sono opposte, con 3-5 lobi e brevemente picciolate, simili per la forma a quelle degli aceri, con margine a denti irregolari ed arrotondati, lunghe fino a 10 centimetri. La pagina superiore è glabra e di colore verde scuro, mentre quella inferiore è finemente pubescente e leggermente più chiara. Il picciolo presenta evidenti ghiandole nettarifere verdastre, situate nella sua porzione superiore, che attirano le formiche
 



i fiori, che compaiono in maggio-giugno, sono riuniti in corimbi glabri, ombrelliformi, di circa 7-12 centimetri di diametro: i fiori periferici hanno dimensioni maggiori di quelli interni, e sono sterili, molto profumati, con la funzione di attirare gli insetti impollinatori; i fiori fertili, interni all'infiorescenza, portano 5 stami con antere giallastre



i frutti sono drupe carnose, lucenti e globose, traslucide, del diametro di 6-8 millimetri, dapprima verdastre poi di un bel colore rosso brillante a maturità (agosto-settembre), spesso persistenti anche dopo la caduta delle foglie. Riunite in grappoli, si sviluppano nella parte centrale del corimbo, in corrispondenza dei fiori fertili e contengono un solo seme, piatto e cuoriforme: sono appetite dall'avifauna ma, se ingerite dall'uomo, sono tossiche e possono provocare gravi dolori intestinali



le foglie assumono in autunno, prima di cadere, una colorazione rossa molto vivace ed appariscente

Taxus baccata L. 1753

famiglia: Taxaceae
nome comune: tasso, albero della morte

ETIMOLOGIA: il nome del genere è lo stesso con cui gli antichi latini denominavano questa pianta, a sua volta derivato dal greco taxon (freccia), dovuto all'impiego dei rami per la costruzione di dardi velenosi. L'attributo specifico latino baccata sta ad indicare la presenza di frutti simili a bacche




il tasso è una conifera sempreverde, spontanea e diffusa in tutto il continente europeo fino al Caucaso ed allAfrica settentrionale, dalla crescita lenta ma che può raggiungere i 15-20 metri di altezza. E' una pianta molto longeva e se ne conoscono esemplari di circa 2000 anni. In Italia lo si trova soprattutto nei parchi e giardini, mentre allo stato spontaneo è poco comune, tanto da essere considerato specie protetta in alcune regioni, in prevalenza centro-meridionali (i popolamenti più notevoli sono quelli della foresta umbra nel Gargano). Può presentarsi in forma arborea od arbustiva, con portamento espanso e chioma di forma globosa irregolare, con rami molto bassi. Si presta alla formazione di siepi ed all'ars topiaria, perchè sopporta molto bene le potature, ma può essere impiegato anche come esemplare isolato. Resiste inoltre all'atmosfera inquinata delle città e non subisce gravi attacchi da parte dei parassiti. Preferisce luoghi freschi, umidi ed ombrosi e terreni calcarei. Tutte le parti della pianta sono velenose, ad eccezione dell'arillo rossastro che ricopre i semi


le foglie sono opposte, aghiformi, appiattite e leggermente arcuate, di colore verde scuro nella pagina superiore, più chiare in quella inferiore, con l'apice acuto ma non pungente, tipicamente disposte a spina di pesce sui rametti  




la corteccia, di colore bruno rossastro, inizialmente è liscia ma con l'età si solleva arricciandosi e dividendosi in placche, mentre il tronco diviene spesso contorto.. Nelle foto possiamo notare un vecchio esemplare con tronco scavato, di cui è rimasto vitale un solo ramo laterale



il tasso è una specie dioica, con gli elementi riproduttivi maschili e femminili portati da piante separate. Quelli maschili sono piccoli coni globosi, situati nella parte inferiore dei rametti, mentre quelli femminili sono isolati e alla base delle foglioline. I secondi originano il frutto, che in realtà è un arillo, un'escrescenza carnosa a forma di campana che ricopre un unico seme molto velenoso, di colore rosso, mucillaginoso e zuccherino, molto apprezzato dagli uccelli, che non riecono a digerire il seme e lo espellono con gli escrementi, favorendo in questo modo la diffusione della pianta nel territorio. L'arillo costituisce l'unica parte non velenosa della pianta, mentre il seme, la corteccia e le foglie contengono sostanze alcaloidi molto nocive, in particolare la tassina.

 ATTENZIONE: in caso di intossicazione è consigliabile non indurre il vomito ma, anche in assenza di sintomi, portare la persona al Pronto Soccorso e contattare un centro antiveleni.

USO MEDICINALE: il tasso veniva utilizzato in passato come antisettico, il decotto delle bacche nelle affezioni bronchiali, ma con notevoli problemi dovuti alle difficoltà di dosaggio.
Attualmente il suo principale impiego è però nei trattamenti antitumorali, grazie alla presenza nella sua corteccia di tassolo, una sostanza che ha dimostrato una certa attività nella terapia  di alcuni tipi di tumore.