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Vinca minor 'Marie'




famiglia: Apocynaceae
nome comune: pervinca minore Marie




ETIMOLOGIA:   il nome generico proviene dal verbo latino vincire (avvincere, legare) per i lunghi fusti sterili, sottili e prostrati, che si avvincono al suolo e probabilmente si riferisce anche al fatto che le pervinche erano anticamente utilizzate per intrecciare le ghirlande con cui le giovinette amavano cingersi il capo. L'attributo specifico è l'aggettivo comparativo latino minor (più piccola), riferito alle minori dimensioni di questa specie rispetto alla Vinca major









questa varietà si differenzia dalla specie tipo per le minori dimensioni, per la fioritura più abbondante e per un periodo di fioritura più prolungato, sovente con una seconda emissione di fiori in autunno. I fusti hanno internodi ravvicinati, con foglie più piccole, ellittiche od arrotondate, lucide e quasi carnose, molto fitte e tappezzanti. Alta fino a 15 centimetri e larga 35-50, questa varietà è molto resistente sia al freddo invernale sia alle alte temperature estive. I fiori sono più larghi ed hanno una tonalità più tendente al blu rispetto a quelli della specie tipo. Le condizioni di crescita sono le stesse


 vedi anche:     Vinca minor     Vinca major     Vinca major 'Variegata' 

Vinca minor L. 1753



famiglia: Apocynaceae
sinonimi:  Vinca humilis, Vinca intermedia, Vinca ellipticifolia 
nome comune: pervinca minore




ETIMOLOGIA:   il nome generico proviene dal verbo latino vincire (avvincere, legare) per i lunghi fusti sterili, sottili e prostrati, che si avvincono al suolo e probabilmente si riferisce anche al fatto che le pervinche erano anticamente utilizzate per intrecciare le ghirlande con cui le giovinette amavano cingersi il capo. L'attributo specifico è l'aggettivo comparativo latino minor (più piccola), riferito alle minori dimensioni di questa specie rispetto alla Vinca major






la pervinca minore è una specie erbacea perenne o suffruticosa alta 10-30 cm e larga oltre un metro, originaria dell'Europa ed anche dell'Italia, dove è presente allo stato spontaneo in tutte le regioni, ad eccezione della sola Sardegna, fino ad un'altitudine di 1330 metri. È una pianta tipica del sottobosco, dal portamento prostrato ed i fusti striscianti, che predilige zone ombrose e fresche, sotto alberi, arbusti o siepi. Non ama i climi troppo caldi ed i terreni poveri ed asciutti. Se lasciata crescere indisturbata forma vasti tappezzamenti, con un intrico di radici e di rami che ricopre completamente il terreno, proteggendolo da fenomeni erosivi in caso di pendenze accentuate. Può quindi essere facilmente impiegata in giardino per coprire il terreno in posizioni semi-ombreggiate ed umide



la pervinca minore ha fusti stoloniferi e sterili, lignificati, che corrono lungo il terreno ed emettono radici avventizie ai nodi, e fusti fertili, erbacei ed eretti, che portano foglie e fiori. Le foglie sono semplici, opposte, brevemente picciolate, glabre, ellittiche o lanceolate, con margine intero ed apice acuto, coriacee e lucide superiormente, di colore verde scuro, più chiare nella pagina inferiore



i fiori sono solitari, ascellari, su peduncoli di 1-1,5 cm all'ascella di corti rametti ascendenti. La corolla è composta da 5 petali con l'apice troncato obliquamente, di un inconfondibile colore blu pervinca. la fioritura è tra febbraio ed aprile, con una possibile seconda fioritura in autunno

 
la pervinca non ha impieghi alimentari in quanto tutte le parti della pianta sono velenose per la presenza, oltre che di sostanze non tossiche come flavonoidi, firosteroli e tannini, di saponine ed alcaloidi indolici (in particolare vincristina, vinblastina e pervincina): in caso di ingestione di parti della pianta i sintomi precoci compaiono entro le 24 ore e sono a carico dell'apparato digerente, con nausea, diarrea, vomito e febbre, mentre i sintomi tardivi (entro una settimana) consistono in cefalea, insonnia, delirio, allucinazioni, convulsioni e coma.
In cosmesi e foglie hanno una blanda attività antinfiammatoria e possono essere utilizzate per eczemi, foruncoli e nelle dermatosi. Un infuso di foglie, nell’acqua del bagno o come impacco da applicare sul viso, ha un effetto calmante su pelli delicate ed irritabili.
La pervinca è sfruttata in campo farmacologico in quanto gli alcaloidi indolici vincristina e vinblastina sono dotati di azione antitumorale, venendo utilizzati come chemioterapici. Trova anche impiego nelle affezioni vascolari che limitano l’afflusso del sangue al cervello e nei casi di diarrea, epistassi, ferite, ipertensione, tonsillite e leucemia.


Attenzione !!
Questi non sono consigli medici!! Usate eventuali prodotti con cautela e solo secondo le prescrizioni del medico o dell’erborista
 

 vedi anche:     Vinca minor 'Marie'     Vinca major     Vinca major 'Variegata'   



Vinca major 'Variegata'



famiglia: Apocynaceae
nome comune: pervinca maggiore variegata




ETIMOLOGIA:  il nome generico proviene dal verbo latino vincire (avvincere, legare) per i lunghi fusti sterili, sottili e prostrati, che si avvincono al suolo e si legano tra loro. L'attributo specifico è l'aggettivo comparativo latino major (più grande), riferito alle maggiori dimensioni di questa specie rispetto alla Vinca minor






così come la specie tipo, questa varietà ornamentale presenta fusti giovani a portamento eretto e fusti vecchi a portamento prostrato, legnosi e con radici ai nodi. Soltanto i primi portano fiori e risultano fertili, mentre i secondi servono a far espandere la pianta in tutte le direzioni. È una delle piante tappezzanti più affidabili in quanto ha uno sviluppo rapido e si diffonde rapidamente sul suolo. Tollera qualunque esposizione, anche l’ombra piena.
Può crescere fino a 30-40 cm di altezza e 100 cm di larghezza. È rustica fino ad una temperatura minima di -10°C



le foglie sono persistenti, di forma ovata o cuoriforme, opposte, lucide, di colore verde chiaro di varie tonalità con margine color bianco-crema



i fiori solitari, di colore azzurro-violetto, larghi 2-4 cm, portati da brevi fusti ascellari. compaiono tra aprile e giugno. Talvolta si ha una seconda fioritura in settembre-ottobre



 vedi anche:  Vinca major    Vinca minor     Vinca minor 'Marie'

Vinca major L. 1753



famiglia: Apocynaceae
sinonimi:  Vinca grandiflora, Vinca ovatifolia, Vinca pubescens 
nome comune: pervinca maggiore




ETIMOLOGIA:  il nome generico proviene dal verbo latino vincire (avvincere, legare) per i lunghi fusti sterili, sottili e prostrati, che si avvincono al suolo e si legano tra loro. L'attributo specifico è l'aggettivo comparativo latino major (più grande), riferito alle maggiori dimensioni di questa specie rispetto alla Vinca minor







la pervinca maggiore è una pianta erbacea perenne o suffruticosa sempreverde, alta fino a 25-50 centimetri, originaria delle regioni europee che si affacciano nel Mediterraneo Centro-occidentale, dalla Dalmazia alla Spagna. In Italia è diffusa allo stato spontaneo in tutte le regioni, ad eccezione della sola Sardegna, in prati incolti, terreni e giardini abbandonati, boschi di latifoglie (soprattutto di querce) fino ad 800 metri di altitudine. È ampiamente coltivata in tutte le regioni come pianta ornamentale dalle caratteristiche tappezzanti, in quanto i suoi rami e le sue radici creano un fitto intreccio che ricopre l'intero terreno anche in zone ombrose, dove poche altre piante riescono a vegetare. Tale intreccio può rivelarsi utile anche a trattenere il terreno superficiale su zone particolarmente scoscese. Predilige posizioni ombrose o semi-ombreggiate e si adatta a qualsiasi terreno da giardino ben drenato ma non troppo secco, meglio se fresco ed acido. Resiste piuttosto bene sia alle fredde temperature invernali sia al calore estivo, purchè si trovi in ombra. Va annaffiata abbondantemente in primavera, in estate e per parte dell’autunno, evitando però che il terreno sia troppo bagnato e che ci siano ristagni d’acqua, che sono dannosi per la pianta. In tardo autunno e in inverno le annaffiature vanno ridotte ed è meglio lasciare il terreno solo leggermente umido



la pervinca è una specie suffruticosa, con fusti più vecchi lignificati, prostrati, che emettono ai nodi radici avventizie, mentre quelli più giovani sono eretti ed erbacei. Le foglie sono opposte, persistenti, picciolate, più ovate alla base degli steli ed ovato-lanceolate verso l'apice, lucide, lunghe 3-9 centimetri e larghe 2-6, di colore verde più o meno scuro e glabre sulla pagina superiore, più chiare in quella inferiore, opache e talvolta pubescenti vicino alla nervatura mediana




i fiori sono ermafroditi, ascellari e solitari, peduncolati, larghi 3-5 centimetri, di colore azzurro-violetto con un anella bianco alla base. Il calice è gamosepalo e suddiviso superiormente in 5 lacinie lesiniformi, mentre la corolla è gamopetala nella parte basale, a formare un tubo a sezione pentagonale lungo fino a 2 centimetri, con 5 lobi asimmetrici, ristretti gradualmente verso la base, troncati ed erosi all'apice. I 5 stami sono inseriti nel tubo corollino. La fioritura è in marzo-aprile e se le condizioni climatiche sono favorevoli può ripresentarsi anche a settembre.
Il frutto è composto da due follicoli divergenti saldati alla base, grossolanamente torulosi, e che si aprono lungo la sola linea ventrale di sutura


 
la pervinca non ha impieghi alimentari in quanto tutte le parti della pianta sono velenose per la presenza, oltre che di sostanze non tossiche come flavonoidi, firosteroli e tannini, di saponine ed alcaloidi indolici (in particolare vincristina, vinblastina e pervincina): in caso di ingestione di parti della pianta i sintomi precoci compaiono entro le 24 ore e sono a carico dell'apparato digerente, con nausea, diarrea, vomito e febbre, mentre i sintomi tardivi (entro una settimana) consistono in cefalea, insonnia, delirio, allucinazioni, convulsioni e coma.
In cosmesi e foglie hanno una blanda attività antinfiammatoria e possono essere utilizzate per eczemi, foruncoli e nelle dermatosi. Un infuso di foglie, nell’acqua del bagno o come impacco da applicare sul viso, ha un effetto calmante su pelli delicate ed irritabili.
La pervinca è sfruttata in campo farmacologico in quanto gli alcaloidi indolici vincristina e vinblastina sono dotati di azione antitumorale, venendo utilizzati come chemioterapici. Trova anche impiego nelle affezioni vascolari che limitano l’afflusso del sangue al cervello e nei casi di diarrea, epistassi, ferite, ipertensione, tonsillite e leucemia.


Attenzione !!
Questi non sono consigli medici!! Usate eventuali prodotti con cautela e solo secondo le prescrizioni del medico o dell’erborista
 

 vedi anche:     Vinca major 'Variegata'    Vinca minor     Vinca minor 'Marie'

Urtica dioica L. 1753



famiglia: Urticaceae
sinonimi: Urtica hispida, Urtica major, Urtica pubescens
nome comune: ortica comune, ortica




ETIMOLOGIA:  il nome generico proviene dal verbo latino urere (bruciare), con riferimento alla ben nota caratteristica della pianta di irritare la pelle. L'attributo specifico latino dioica è riferito al fatto che la pianta porta fiori maschili e fiori femminili su piante diverse







l'ortica comune è una pianta erbacea perenne, decidua, alta da 30 centimetri fino a 2 metri, conosciuta ed utilizzata sia a scopo alimentare sia come pianta medicinale fin dai tempi più remoti, si pensa addirittura dall'età della pietra. È una specie cosmopolita, ampiamente diffusa nelle zone temperate di tutto il mondo e così anche in Italia, vegetando dalla pianura alla montagna in luoghi parzialmente ombreggiati, negli incolti e tra i ruderi, nei boschi e lungo le strade, prediligendo i luoghi antropizzati, molto ben conosciuta anche dai bambini per via dei peli urticanti che ricoprono tutta la pianta. Si adatta a tutti gli ambienti e cresce bene un po' dappertutto, prediligendo i terreni ricchi di azoto e di sostanza organica e sopportando egregiamente il freddo, la siccità e tutte le intemperie. È una pianta molto rustica e poco soggetta agli attacchi di parassiti e patogeni. Fino ad oggi è stata scarsamente coltivata, pertanto non sono segnalate particolari patologie. Allo stato spontaneo si possono notare sulle piante attacchi di oidio e di ruggine, di afide verde e di metcalfa




la pianta dell'ortica ha un rizoma strisciante e ramificato, cavo all'interno, dal quale si dipartono fusti eretti e vigorosi, solitamente non ramificati, a sezione quadrangolare e ricoperti di peli urticanti. Le foglie sono opposte, picciolate e provviste di 4 stipole, di forma ovale oblunga, cordate alla base ed acuminate all'apice, dal margine grossolanamente dentato. Tutto il lembo fogliare è fornito nella pagina inferiore, prevalentemente in prossimità delle nervature, di peli corti e semplici ed altri lunghi e rigidi, urticanti, che spezzandosi al minimo contatto secernono un liquido irritante per la pelle, composto principalmente da acetilcolina, istamina, serotonina, ed acido formico



come già detto la specie è dioica, per cui troveremo piante con fiori unicamente maschili e piante con fiori unicamente femminili. I primi sono riuniti in spighe erette, mentre i secondi formano spighe pendule. Entrambi i fiori hanno un colore bianco-verdastro ed hanno 4 tepali che proteggono l'ovario o gli stami. La fioritura è da maggio ad ottobre




USO ALIMENTARE ED OFFICINALE: in cucina l'ortica può essere impiegata cruda in insalata oppure nella preparazione di frittate, minestre, ravioli, risotti. La polvere ottenuta dalle foglie essiccate può essere sparsa sul cibo. I getti giovani e freschi sono i migliori da utilizzare, in quanto più teneri e facili da consumare. Il momento migliore per coglierli è dopo una pioggia, il periodo più adatto è la primavera (quando conviene anche farne una buona scorta per l'inverno), o l'autunno quando, dopo il taglio, crescono i nuovi getti. Naturalmente data la caratteristica di queste piante è necessario munirsi di forbici e guanti. Tutta la pianta dell'ortica contiene elevate dosi di clorofilla, di vitamine (in particolare C, A e K), di sali minerali (azoto, ferro, calcio, magnesio, fosforo, silicio) e di sostanze come lectina, acido folico, acidi fenolici, lignani, steroli vegetali e flavonoidi. Tali sostanze hanno dimostrato una spiccata attività contro l'ipertrofia prostatica benigna, inibendo fortemente il proliferare delle cellule di quest'organo. La lectina esercita anche un'azione antiflogistica molto forte, in particolare contro le malattie reumatiche. L'alta concentrazione di sali minerali dona all'ortica proprietà diuretiche, depurative ed alcalinizzanti, utili in caso di gotta e di calcoli renali. L'alto contenuto in ferro è utile in caso do anemia. L'insieme di tutte le sostanze contenute nell'ortica, non ancora ben studiato e conosciuto, dimostra anche avere azione vasocostrittrice ed emostatica, antiasmatica, digestiva, astringente, ipoglicemizzante, galattogena (aumento della produzione del latte materno) ed emolliente. Per uso interno possono essere impiegati il succo fresco centrifugato oppure infusi, tisane e decotti.
Per un uso esterno lozioni, impacchi e tamponi di succo d'ortica sono efficaci contro affezioni croniche della pelle (eczemi, eruzioni ed acne) e contro la caduta dei capelli, rigenerando e rendendo più bella la pelle.
Per il contenuto dei suoi tessuti l'ortica è una pianta molto usata in agricoltura biologica sia come antiparassitario che come ammendante del terreno

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Tamarix gallica L. 1753



famiglia: Tamaricaceae
sinonimi: Tamarix nilotica
nome comune: tamerice comune, tamarisco, cipressina, scopa marina




ETIMOLOGIA:  il nome generico pare provenire da quello del fiume pirenaico spagnolo Tàmaris (o Tambro) o dai Tamarici, popolo dei Pirenei. Questi termini sembrano però essere assonanti anche con l'arabo tamár (palma) e con l'ebraico tamaris (scopa), in quanto un tempo i ramoscelli di questa pianta venivano impiegati come ramazza. L'attributo specifico latino gallica (delle Gallie) è riferito alla presunta zona d'origine della specie








la tamerice comune è un grande arbusto od un piccolo alberello spogliante alto fino a 5-6 metri (talvolta in condizioni favorevoli può toccare i 10 m), con chioma disordinata, grigio-azzurrognola, molto leggera, originario di Francia, Spagna ed Italia, dove vegeta allo stato spontaneo prevalentemente nelle zone costiere, vicino alle foci dei fiumi. In Italia è diffusa quasi in tutto il territorio, isole comprese, ad esclusione di Trentino Alto Adige, Piemonte e Valle d’Aosta, Umbria e Abruzzo. Il suo areale di distribuzione va da 0 a 800 metri sul livello del mare, soprattutto in zone costiere, litoranee sabbiose e sub salse ma anche lungo corsi d’acqua sui greti o terreni ghiaiosi e addirittura fangosi.
È una pianta molto rustica e frugale, estremamente resistente alla salsedine ed ai venti forti, anche salmastri, coltivata pure in parchi e giardini sia per il suo bel fogliame squamiforme, simile a quello di alcuni ginepri, sia per l'abbondante ed appariscente fioritura primaverile. Si adatta a tutti i tipi di terreno ben drenati, anche sabbiosi, aridi e salini, poco tollerando però quelli molto ricchi di calcare. Esige posizioni calde e soleggiate, al riparo dai freddi venti invernali. Non teme il freddo ma le gelate notturne più intense possono rovinare gli apici dei rami.
 La tamerice comune non ha bisogno di essere irrigata con regolarità, anzi può sopportare agevolmente brevi periodi di siccità, tollerando persino l’acqua salmastra nel terreno. Si moltiplica con grande facilità mediante talee, prelevandole in inverno (gennaio-febbraio) e collocandole subito a dimora, in piena terra: l'attecchimento è molto rapido, tanto che nella stessa annata si possono formare arbusti eretti e compatti, alti anche 100-150 centimetri




la tamerice è un arbusto molto pollonifero: il tronco è breve ed eretto nelle zone prive di notevole ventosità, diventando invece più sinuoso ed inclinato in quelle esposte ai forti venti, dove tutta la pianta può arrivare ad assumere un portamento prostrato. La vecchia corteccia è grigio-scura e corrugata longitudinalmente, mentre i  giovani rami hanno tonalità purpuree




dai fusti si dipartono i lunghi rami flessibili, eretti e sottili, che tendono ad espandersi ed allargarsi, incurvandosi poi verso il basso a volte con un andamento decisamente pendulo, dando vita a una chioma ampia e irregolare. Sui rami più vecchi si inseriscono piccoli ramuli erbacei coperti di minuscole foglioline squamiformi, segno del suo adattamento a condizioni di estrema siccità. Questi rametti erbacei, chiamati 'brachiblasti', in autunno si staccano e cadono, lasciando cicatrici piuttosto evidenti. Le foglie, acuminate, di colore  verde glauco, un po' carnose, cosparse di piccole ghiandole da cui viene emessa l'eccedenza di acqua salata, lunghe da 1 a 3 millimetri, sono strettamente appressate al rametto e disposte spiralatamente



i fiori sono ermafroditi, piccoli, di colore bianco o rosa, disposti in racemi lunghi 5-8 centimetri che nascono sui piccoli rami dell'ultimo anno e compaiono assieme o poco prima della formazione delle foglie. Ogni fiore ha un calice formato da 5 lacinie di forma ovata e una corolla con cinque petali. I cinque stami hanno le antere rosse e sono opposti ai cinque sepali del calice. L’ovario è formato da tre carpelli che a livello dello stigma prendono una forma a clava.
La fioritura avviene da aprile a giugno e poi, se le condizioni climatiche lo permettono, vi è una seconda fioritura a fine agosto



USO ALIMENTARE ED OFFICINALE: nella tradizione popolare i giovani ramoscelli di tamerice venivano impiegati per le loro proprietà astringenti, diuretiche, toniche, ma soprattutto per il loro organotropismo per fegato e milza. Il gemmoderivato è indicato nel trattamento dell’ anemia, stimolando la produzione di globuli rossi e piastrine

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Trifolium pratense L. 1753



famiglia: Fabaceae
sinonimi: Trifolium arvense
nome comune: trifoglio comune, trifoglio rosso




ETIMOLOGIA:  il nome generico proviene dall'unione del prefisso latino tri- (tre) col sostantivo folia (foglia), per le foglie composte tipicamente ternate, cioè formate da tre foglioline. L'attributo specifico latino pratense (dei prati) è riferito all'habitat preferito dalla pianta 







il trifoglio comune è una pianta erbacea perenne originaria dell'Europa, dell'Asia occidentale e dell'Africa settentrionale, ormai diffusissima in tutto il mondo come pianta spontanea oppure coltivata come ottima specie foraggera, distribuita prevalentemente nelle ragioni temperate o sub-tropicali, in quanto rifugge condizioni di eccessiva aridità od umidità nel suolo. Anche in Italia cresce spontanea e la si può trovare ovunque, dal livello del mare fino ai 3000 metri d'altitudine, nei prati, lungo i sentieri, nelle radure e nei pascoli di pianura e di montagna. Nei prati ornamentali è generalmente considerata una pianta infestante. È una pianta poco longeva: nei paesi nordici, dove trova condizioni climatiche favorevoli, dura fino a 4 anni, mentre in Italia vive solitamente un paio d’anni e produce solo al secondo anno.
L'altezza della pianta può variare dai 20 agli 80 centimetri. Resiste molto bene alla basse temperature e mal si adatta ai climi caldi e secchi, a causa dell'apparato radicale piuttosto superficiale. Preferisce terreni freschi e fertili, ma vive bene anche in terreni pesanti ed argillosi, indifferentemente dal grado di acidità. Come tutte le leguminose è in grado di migliorare il tasso di fertilità del terreno, in quanto ospita in appositi tubercoli radicali i cosiddetti 'batteri azotofissatori' (Rhizobium leguminosarum), microrganismi simbionti in grado di captare l'azoto atmosferico (inutilizzabile dalle piante) trasformandolo in azoto ammoniacale o sotto forma di nitrati, disponibile quindi per l'assorbimento radicale, incrementando di conseguenza la fertilità del terreno. Infatti com'è noto l'azoto è indispensabile a tutte le piante per la formazione delle proteine, che costituiscono lo scheletro o struttura portante della pianta stessa. Proprio per questo si coltivava il trifoglio per poi praticare il cosiddetto 'sovescio', una pratica agronomica atta ad aumentare il contenuto di sostanza organica e di azoto nel terreno agricolo


la radice del trifoglio comune è costituita da un corto fittone molto ramificato ed abbastanza superficiale, ricco di tubercoli. Da essa si originano steli erbacei leggermente pubescenti, eretti o più o meno prostrati, talvolta rossastri, alti fino ad 80 centimetri. Le foglie, anch'esse delicatamente tomentose, sono alterne e composte, picciolate (1-4 centimetri), tipicamente ternate, con tre foglioline ovaleggianti lunghe 1,5-3 centimetri e larghe 0,8-1,5 centimetri, di colore verde pallido e presentanti una caratteristica macchia bianca a forma di V nella zona centrale della lamina




i fiori papilionacei, piccoli e tubulosi (10-15 mm), sessili, di colore variabile dal rosa al violetto, sono riuniti in dense infiorescenze (80-100 fiori) sferiche, a capolino, che compaiono all'apice degli steli da maggio ad ottobre. Il frutto è un piccolo legume di forma ovale e compressa, coperto o appena sporgente dai resti membranosi del calice, contenente un seme di forma globoso-triangolare, quasi a pera, di colore variabile dal giallo-verde al violetto con la plantula (piantina germinata dall’embrione) molto appariscente. Ogni singolo fiore è profumato e molto ricco di nettare, costituendo una grande attrattiva per gli insetti (solitamente api o bombi), che fungono anche da impollinatori, in quanto i fiori sono autosterili e perciò l’impollinazione non può che essere incrociata. Dal fiore di trifoglio le api producono un ottimo miele



USO ALIMENTARE ED OFFICINALE: l'intera pianta può essere utilizzata anche in cucina per gustose insalate o per insaporire minestre un po’ inusuali. I suoi fiori, in particolare, si possono servire gratinati o nelle misticanze (mescolanze di fiori e insalatine verdi).
Già conosciuto da Greci e Romani per le sue notevoli proprietà medicamentose, il trifoglio viene oggi largamente usato in fitoterapia. Le parti aeree della pianta (da cogliere solo durante la fioritura) contengono infatti, tra le altre sostanze, alcuni isoflavoni (biocanina, daidzeina, genisteina e formononetina), fitormoni simili agli estrogeni validi per rallentare l'invecchiamento di cute e mucose. Tali estrogeni inoltre si sono rivelati efficaci per la cura di disturbi caratteristici delle donne in menopausa, quali vampate di calore, sbalzi di umore e depressione, osteoporosi, malattie cardiovascolari. In anni recenti gli ormoni estratti dal trifoglio hanno trovato impiego contro le disfunzioni erettili e l'ipertrofia prostatica nell'uomo. Sembra addirittura che la genisteina abbia la capacità di inibire la crescita dei tumori,
Viene riportata anche una buona proprietà antiossidante esercitata da altre sostanze (vitamine, polifenoli e flavonoidi) contenute nel trifoglio, che aiutano ad eliminare le tossine sia a livello epatico che intestinale, stimolando le difese immunitarie ed aiutando nei problemi cutanei come eczemi, psoriasi, acne e altre forme di dermatite,.
I fiori invece hanno un effetto espettorante, ripuliscono le vie aere, curano le affezioni polmonari, la laringite, la bronchite, la tosse secca e la pertosse.


Attenzione!! Questi non sono consigli medici!! Usate eventuali prodotti con cautela e solo secondo le prescrizioni del medico o dell’erborista