Pagine

Laurus nobilis L. 1753

famiglia: Lauraceae
nomi comuni: alloro, lauro

ETIMOLOGIA: il nome del genere è coniato dal termine col quale gli antichi latini denominavano questa pianta, considerata sacra al dio Apollo e molto diffusa intorno ai suoi templi. L'attributo specifico latino nobilis (nobile, illustre, importante) ci dà un'indicazione del valore da sempre attribuito a questa specie dal genere umano




l'alloro è un arbusto od un alberello sempreverde, alto mediamente fino a 5-6 metri, probabilmente originario dell’Asia minore, rustico, diffuso allo stato spontaneo in tutta la regione mediterranea ed in ogni regione d’Italia, dal piano fino agli 800 metri. Viene impiegato generalmente per la formazione di siepi o di piante dalla particolare forma, in quanto sopporta molto bene le potature. Spesso lo si coltiva negli orti in quanto le foglie sono da sempre utilizzate per aromatizzare la carne ed altre vivande. L'alloro è una specie dioica, che porta cioè fiori maschili e fiori femminili su piante separate. Predilige posizioni soleggiate o semi-ombreggiate e si adatta a tutti i tipi di terreno


i giovani rami sono verdi e mostrano evidenti lenticelle allungate. Le foglie persistenti, di colore verde scuro e lucide nella pagina superiore, più chiare ed opache in quella inferiore, sono alterne, ovali oppure oblungo-lanceolate, brevemente picciolate, coriacee, lunghe da 6 a 10 centimetri. Il margine è spesso ondulato e la punta è acuminata. Come i frutti sono ricche di oli essenziali molto aromatici





sia le piante maschili che quelle femminili producono fiori unisessuali, piccoli e di colore giallo chiaro, riuniti in ombrelle ascellari che compaiono in marzo-aprile. I frutti compaiono solo sulle piante femminili e sono bacche ovali, nere a maturità, che contengono un solo seme

USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: i frutti e le foglie sono ricchi ghiandole contenenti olii essenziali, le cui sostanze hanno proprietà digestive, antisettiche, balsamiche, diaforetiche e carminative. Le foglie sono ampiamente impiegate in cucina come aromatizzanti per i più svariati tipi di piatto. Con le drupe mature si può produrre un liquore chiamato laurino.

Juniperus x media 'Pfitzeriana Glauca'

famiglia: Cupressaceae
nome comune: ginepro argentato di Pfitzer

ETIMOLOGIA: il nome del genere è il termine con cui gli antichi latini denominavano questa pianta, termine a sua volta proveniente dall'aggettivo celtico jeneprus (duro, ruvido), riferito al sapore intensamente acre delle bacche.



il ginepro agentato è una conifera arbustiva sempreverde di veloce crescita, alta fino a 120 centimetri e larga fino a 250, con rami arcuati e fogliame di colore grigio-bluastro, originaria del Nordamerica. Ha portamento elegante ed è indicata come tappezzante di grandi dimensioni oppure come cespuglio isolato. Può essere coltivata anche in vasche di adeguata grandezza. Gradisce posizioni soleggiate e si adatta a tutti i tipi di terreno, anche quelli più poveri e ricchi di calcare, da secchi a moderatamente umidi. È una specie largamente impiegata per la sua rusticità (resiste agevolmente a temperature inferiori ai -30°C) e la grande tolleranza all'inquinamento atmosferico




le giovani foglie squamiformi, lunghe dai 3 a 5 millimetri, disposte su rametti appuntiti dalla corteccia brunastra che tende a sfogliarsi, hanno una colorazione grigio-blu, con tonalità più intense durante il periodo invernale. Una regolare cimatura consente alle piante, specialmente quelle coltivate in vaso, di avere un portamento più compatto ed una forma più gradevole


i frutti sono galbuli sferici larghi 5-7 millimetri, bluastri e ricoperti da una evidente pruinosità

Helianthus tuberosus

famiglia: Asteraceae
nome comune: topinambour, girasole del Canada

ETIMOLOGIA: il nome generico è coniato dall'unione dei due termini greci helios (sole) e ànthos (fiore), quindi letterelmente 'fiore del sole', in riferimento sia alla forma dei capolini sia alla tendenza che questi anno a seguire la parabola solare nell'arco della giornata (comportamento chiamato scientificamente 'eliotropismo'). L'attributo specifico latino tuberosus sta ad indicare la prerogativa di questa pianta a formare tuberi nelle radici.



il topinambour è una pianta erbacea perenne, originaria del Nordamerica, che presenta un apparato radicale formato da radici ramificate provviste di rizomi tuberiferi, che ne garantiscono la sopravvivenza invernale, commestibili, una volta molto usati nella cucina povera, poi soppiantati dalle patate. I tuberi hanno una forma molto irregolare.
Lo stelo è eretto e lungo, midolloso, a sezione rotonda, pubescente, di colore rossastro, alto fino a 3 metri, con poche ramificazioni solo nella sua parte superiore. In inverno le parti aeree muoiono: i tubercoli trascorrono l’inverno sotto terra ed a primavera emettono germogli, consumando le loro riserve per dare vita a una nuova pianta. È una pianta rustica e invadente, che resiste al freddo e al caldo ma preferisce i climi temperato-caldi.
Si adatta ad ogni tipo di terreno, sia sciolto e arido che compatto e umido. Diffusasi come infestante in tutta l’Europa, in Italia la si può trovare allo stato spontaneo negli incolti, nei luoghi umidi lungo le rive dei corsi d’acqua, negli ambienti ruderali. Tuttavia è anche molto apprezzata come pianta ornamentale, per la generosa fioritura da agosto a ottobre sino a 800 m


le foglie sono picciolate, pubescenti, quelle inferiori ovato-cordate, le altre lanceolate attenuate alla base, quelle superiori opposte e quelle inferiori alterne, con lamina superiore verde scura, dentellata




i capolini, di colore giallo intenso e larghi fino a 8 cm, sono formati da fiori ligulati gialli (lunghi 2.5-4 cm e larghi 1 cm) solcati longitudinalmente e da piccoli fiori tubulosi centrali (diametro 1-2.5 cm). Sono portati da lunghi e sottili peduncoli spesso riuniti in gruppi di 4-5 o più. I frutti sono acheni

USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: i rizomi ed i tuberi (che somigliano per consistenza e forma a delle patate), il cui sapore ricorda quello del carciofo, possono essere impiegati ad uso alimentare. Non contengono amido ma glucidi (in prevalenza inulina) che li rendono adatti ad essere consumati da persone diabetiche e nei regimi ipocalorici. Troviamo inoltre le vitamine A e B ed un Lactobacillus che favorisce la lattazione nelle puerpere e la digestione in bambini, anziani e convalescenti.
In cosmesi i tuberi, grattugiati ed addizionati di olio di mandorle, possono essere impiegati per trattamenti di peeling.

Helianthus annuus L. 1753

famiglia: Asteraceae
nome comune: girasole

ETIMOLOGIA: il nome generico è coniato dall'unione dei due termini greci helios (sole) e ànthos (fiore), quindi letterelmente 'fiore del sole', in riferimento sia alla forma dei capolini sia alla tendenza che questi anno a seguire la parabola solare nell'arco della giornata (comportamento chiamato scientificamente 'eliotropismo'). L'attributo specifico latino annuus (annuale) sta ad indicare il ciclo biologico di vita della pianta.



il girasole è una pianta erbacea annuale proveniente dal Nuovo Mondo (dove è diffusa dal Messico al Nordamerica), introdotta in Europa come ornamentale all'inizio del XVI° secolo, che ha assunto poi nei secoli sempre maggiore importanza come pianta oleifera, grazie alle sostanze grasse largamente contenute nei semi (fino al 45% in alcune varietà appositamente selezionate). Ha raggiunto un posto importante anche nell’agricoltura europea subito dopo la prima Guerra Mondiale, grazie ai molteplici vantaggi offerti dalla sua coltivazione: valorizzazione di ambienti a siccità estiva, buona produttività, estrazione di olio di ottima qualità, sia per il suo valore nutrizionale sia per la sua stabilità e buone caratteristiche fisico-chimiche: oggi è largamente coltivata a scopo industriale in tutto il mondo, sia per la produzione di olio, sia come pianta foraggera.
Tuttavia questa pianta è anche coltivata con finalità ornamentali, in particolare nelle sue varietà ornamentali, appositamente selezionate per la particolare bellezza dei fiori, e potrebbe senz'altro avere maggior diffusione nei giardini.
È una pianta annua a ciclo primaverile-estivo, di grande sviluppo, con una lunga radice fittonante sulla quale sono inserite le radici laterali.
Il fusto è, tendenzialmente cilindrico, rugoso, internamente ripieno di midollo, non ramificato (sebbene appaiano in alcuni casi ramificazioni laterali), di altezza variabile da 50 cm fino ai 5 m e del diametro generalmente compreso da 1 a 10 cm, eretto, che si incurva poi nella parte finale per il peso del capolino che si forma alla sua sommità.
Per crescere bene, il girasole necessita di molto sole. Vegeta meglio in terreni fertili, umidi, ben dotati di riserve d'acqua, tuttavia sopporta abbastanza bene limitate carenze idriche.


le foglie, ruvide su entrambe le facce, lungamente picciolate, dal margine dentato, cuoriformi e trinervate, opposte le prime 2-3 paia e alterne le successive, hanno forma diversa a seconda della loro posizione sul fusto: le prime, formatesi immediatamente dopo i cotiledoni, hanno un forte sviluppo del lembo e sono generalmente di forma romboidale. Le foglie del secondo paio sono sempre lanceolate con picciolo sviluppato, quelle del terzo paio sono generalmente triangolari-cuoriformi e così anche le seguenti. Le ultime foglie si convertono in brattee involucrali. Il numero di foglie varia da 12 a 40 in funzione delle condizioni pedoclimatiche, della varietà e  delle caratteristiche individuali



quello che è comunemente chiamato fiore e che compare alla sommità del culmo, è in realtà un'infiorescenza propriamente detta calatide (o capolino), le cui dimensioni sono molto variabili (in media dai 10 ai 40 cm di diametro), caratterizzata esternamente da una corona di fiori ligulati sterili, chiamati ligule o fiori del raggio, entro cui sono inserite numerose serie di fiori tubulosi di piccole dimensioni, fertili ed ermafroditi, chiamati fiori del disco, che costituiscono il disco centrale. I fiori ligulati assomigliano a petali di colore giallo ed hanno lunghezza di 6-10 cm e larghezza di 2-3 cm: svolgono una funzione vessillifera per gli insetti impollinatori. I fiori tubulosi si dipartono a raggio dal centro della calatide ed hanno una corolla tubulare gamopetala, data dall'unione di 5 petali all’interno dei quali si trova lo stilo che termina con uno stigma, mentre l'ovario è infero.
La fioritura, che avviene da giugno a settembre, inizia nei fiori del raggio, proseguendo poi in senso centripeto con quelli del disco, che fioriscono con il ritmo di 1-4 cerchi al giorno. I fiori del raggio cominciano a cadere dopo la fine della fioritura dei fiori del disco del cerchio di centro.  Quelli che impropriamente vengono chiamati 'semi di girasole' sono in realtà degli acheni, frutti secchi ed indeiscenti caratterizzati da un epicarpo duro e fibroso, di colore variabile dal bianco al bruno al nero, spesso con striature longitudinali, contenenti un unico seme (chiamato mandorla). La maggior parte dei capolini immaturi segue il percorso del sole nel cielo da est ad ovest, mentre di notte e al crepuscolo torna ad orientarsi verso est. Tale fenomeno è noto come eliotropismo e scompare nei capolini maturi, che rimangono generalmente orientati a sud-est



la varietà 'Flore Pleno', più coltivata a scopo ornamentale, ha capolini doppi, con moltissimi fiori ligulati e disco centrale di dimensioni piuttosto ridotte


USO ALIMENTARE ED OFFICINALE: i semi di girasole, oltre a fornire materia prima per l'industria olearia, possono essere tostati ed essere consumati direttamente, come snack, oppure aggiunti nelle insalate od in altre preparazioni (specialmente in pasticceria). Possono inoltre essere impiegati come mangime per uccelli o roditori domestici.
La presenza in alcune parti del fiore di quercitina (un glucoside), xantofille, acido solanico ed alcune basi amminiche, conferisce ai preparati erborostici proprietà diuretiche, febbrifughe ed antimalariche, espettoranti e stomachiche.

Iris germanica L. 1753

famiglia: Iridaceae
nome comune: giaggiolo maggiore, giaggiolo

ETIMOLOGIA: il nome generico è coniato dal termine greco iris, iridos (arcobaleno) in relazione alla varietà di colore dei fiori in questo genere. L'attributo specifico latino germanica indica la zona d'origine di questa specie. 


il giaggiolo è una pianta perenne rizomatosa, con rizoma strisciante, radici tuberose e stelo eretto, circondato alla base dalle foglie. Diffusa in tutta l'Europa meridionale ed anche in Italia, può raggiungere un'altezza di 90 centimetri ed una larghezza di 60 e cresce spontanea nei luoghi aridi e rocciosi, ma da secoli viene coltivata anche negli orti e nei giardini, dove si distingue per la grazia dei suoi grandi fiori dal caratteristico colore azzurro-violetto. Il giaggiolo è una pianta robusta che si adatta con facilità ad ogni tipo di terreno. Tuttavia la posizione ideale per la sua coltura prevede un terreno ben drenato, meglio se esposto al sole, senza la concorrenza di altre piante


le foglie, sempreverdi, allungate ed appuntite, che assomigliano a spade verde-grigio più o meno falcate, alla base si sormontano l’una con l’altra. Il fusto fiorifero può raggiungere l’altezza di un metro. La fioritura si ha in primavera (aprile-maggio), poi la pianta entra in una fase di riposo che fa essiccare le foglie durante l’estate, mantenendo però vivi i grossi rizomi superficiali, che si allargano parecchio nel terreno circostante fino ad assumere carattere di infestanti



i fiori, profumati, sono formati da una serie di 3 elementi. Il perigonio (involucro fiorale) è formato da due serie di elementi saldati alla base: 3 elementi esterni, larghi all'estremità e ristretti alla base, sono rivolti all'indietro, mentre i tre elementi interni sono eretti

USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: dal rizoma del giaggiolo si estraggono sostanze dalle proprietà antisettiche, espettoranti, rinfrescanti ed aromatizzanti, dal delicato profumo di violetta selvatica. L'estratto ha la capacità tipica di trattenere l'acqua (che permette alla pianta di sopravvivvere anche a prolungati periodi di siccità) ed è utilizzato in cosmetica in preparazioni mirate a regolare l'equilibrio idrico della pelle.

Ginkgo biloba Thunb.

famiglia: Ginkgoaceae
nome comune: ginco

ETIMOLOGIA: il nome del genere proviene da un'errata interpretazione del termine usato in oriente per denominare questa pianta, derivato dall'unione dei due vocaboli cinesi yin (argento) e xing (albicocca), da cui yinxing (albicocca d'argento), in riferimento ai frutti della pianta. L'attributo specifico latino biloba sta ad indicare la forma delle foglie, profondamente suddivise in due lobi da una solcatura centrale.



il ginco è un albero a foglia caduca, alto fino a 30 metri, dalla chioma disordinata e conica, resistentissimo al freddo, alla siccità, all'inquinamento ed alle malattie. Per questo motivo viene utilizzato nei parchi e nei viali di molte città, oltre che per la bellezza delle foglie che somigliano a delle farfalle e che in autunno assumono una colorazione giallo vivo di grande ricchezza ornamentale. La specie è dioica, cioè porta fiori maschili e fiori femminili su piante separate. Le piante femminili fruttificano producendo drupe la cui polpa è molto maleodorante, per cui sarebbe consigliabile coltivare in giardino esclusivamente cloni maschili. La pianta é originaria del Giappone e della Cina, ma in passato, fino a 2 milioni di anni fa, era presente anche in Europa e nell'America settentrionale. Al giorno d'oggi non vive più allo stato spontaneo se non in piccoli nuclei nei boschi della Cina.




Ginkgo biloba è l’unica specie appartenente alla famiglia delle Ginkgoaceae ed è ascritta, come le conifere e le cicadacee, al gruppo tassonomico delle Gimnosperme (piante senza fiori evidenti ed a seme nudo, non protetto dall’ovario).
Un albero di ginco può arrivare fino a 40 metri di altezza, con un diametro della chioma di circa 8 metri. In esemplari centenari il tronco può raggiungere fino a 3 metri di diametro. Pur essendo resistentissima al freddo, questa pianta preferisce posizioni calde ed assolate ed è pianta da zone temperate, prediligendo climi con estati calde e secche ed inverni freddi(resiste fino a –35° C).
Vegeta egregiamente anche in ambienti urbani molto inquinati ed è abbastanza indifferente al tipo di terreno, pur crescendo meglio in suoli acidi, silicei o siliceo-argillosi.
E’ pianta che non tollera assolutamente le potature: le porzioni dei rami tagliati disseccano molto facilmente. È preferibile coltivare gli individui maschili per evitare lo sgradevole odore dei semi, tuttavia il sesso della specie è difficilmente riconoscibile in quanto non presenta caratteri sessuali secondari affidabili.
L’impiego ornamentale di questo bell’albero è quello di essenza adatta per i viali cittadini, grazie alla sua notevole tolleranza alle polveri ed agli agenti inquinanti, ma può benissimo essere piantato come esemplare isolato in giardini di dimensioni medio-grandi, dove cresce abbastanza lentamente e fornisce un’ombra rada che non ostacola lo sviluppo delle piante sottostanti. Splendida è la colorazione delle foglie, in particolare in primavera ed in autunno.


La chioma, piramidale nelle giovani piante ed ovaleggiante negli esemplari più vecchi, è rada ed irregolare, dall’aspetto disordinato. Presenta rami di due tipi: corti microblasti che portano frutti e foglie, riunite in falsi verticilli, e macroblasti, più allungati, che portano foglie alternate. Le grosse branche si inseriscono generalmente ad angolo quasi retto sul tronco.


La corteccia, liscia ed argentea negli esemplari giovani, diventa di colore bruno nelle piante più vecchie, molto corrugata e fessurata longitudinalmente


le foglie, lungamente picciolate, hanno forma di ventaglio ed una consistenza cuoiosa: presentano una suddivisione al centro (da cui il nome biloba) che origina due lobi ben distinti, in particolare nelle piante femminili. Hanno dapprima colore verde tenue, diventando più scure durante l'estate per poi assumere una splendida colorazione giallo-dorata in autunno



La specie è dioica, con strutture fertili, maschili o femminili, separate e presenti in individui diversi, ma sempre prodotte su microblasti, all’ascella delle foglie. Nei giovani esemplari è difficile distinguere le piante maschili da quelli femminili : occorre attendere la prima fioritura, che generalmente non avviene prima dei 40 anni di vita. La fioritura è primaverile.



Nelle strutture fertili maschili i microsporangi sono portati a coppie su microsporofilli, disposti a spirale in strobili penduli caduchi. Gli spermi prodotti al loro interno sono ciliati e mobili, come avviene in molti gruppi meno evoluti (cicadacee, muschi, felci ed alghe) e per potersi spostare hanno bisogno di un ambiente liquido. L’impollinazione è anemofila (favorita dal vento): gli spermi vengono trasportati sulle strutture fertili femminili dove fecondano le oosfere presenti all’interno degli ovuli, portati su peduncoli isolati, che inizialmente sono due, ma si riducono ad uno solo nel corso dello sviluppo.



Le piante femminili, a differenza della maggior parte delle Gimnosperme, non producono coni, ma semi ricoperti da una polpa carnosa. Tra impollinazione e fecondazione intercorrono alcuni mesi.  Gli ovuli si sviluppano indipendentemente dalla fecondazione e i cosiddetti frutti, prodotti in grande abbondanza dalle piante femminili, cadono in ottobre, ricoprendo il terreno circostante della loro polpa maleodorante. I semi hanno un guscio legnoso e contengono al loro interno una specie di mandorla commestibile, molto apprezzata nei paesi dell’Asia orientale, in particolare in Giappone

Fraxinus excelsior L. 1753

famiglia: Oleaceae
nome comune: frassino maggiore

ETIMOLOGIA: il nome generico è quello con il quale gli antichi latini denominavano questa pianta, a sua volta derivato dal termine greco phràssein (assiepare). L'attributo specifico excelsior (più alto) è il comparativo di maggioranza del termine latino excelsus-a-um, che significa grande, alto




il frassino maggiore è un albero deciduo di grandi dimensioni, originario dell'Europa meridionale e dell'Asia minore, diffuso in tutta la penisola italiana, dal portamento slanciato e maestoso negli esemplari isolati, in grado di raggiungere un’altezza di 40 metri. Il tronco, che può superare il metro di diametro, è dritto e cilindrico, con la corteccia inizialmente liscia, di colore grigio-verdastro e con macchie chiare, che con l’età assume toni grigio-brunastri e fessurazioni longitudinali. È una specie lucivaga, mesofila ed esigente, che richiede terreni fertili e profondi, umidi e ricchi di humus.
Il legno è duro, compatto ed elastico, difficilmente deformabile e di facile lavorazione: un tempo era utilizzato per fabbricare componenti di carri agricoli (ruote e stanghe), ottimi manici di attrezzi ed utensili (ad esempio picconi, mazze, asce e martelli), scale a pioli di piccole o medie dimensioni.
Più di rado era impiegato per produrre mobili, taglieri da cucina, cunei da usare in alternativa a quelli di acciaio. Anche oggi quest'albero fornisce un legno di pregio, utilizzato per produrre manici di attrezzi ed utensili vari ed anche mobili, impiallacciati o di legno massello. 
Importante essenza forestale, il frassino viene largamente usato come pianta ornamentale, in particolare in alcune sue varietà, anche nei giardini, nei parchi e nelle alberature stradali.


i rami sono inseriti sul tronco opposti tra loro, lisci e di colore verdastro chiaro. Le gemme, evidenti e tomentose, sono opposte, di colore nerastro, con quella posta all’apice dei rami di dimensioni maggiori rispetto alle altre


le foglie del frassino maggiore sono molto grandi (anche oltre i 25 centimetri), opposte, composte ed imparipennate, con 7-15 foglioline lanceolate, ad apice acuto, subsessili, di colore verde intenso nella pagina superiore e più chiare in quella inferiore. Il margine è finemente seghettato



i fiori maschili e quelli femminili compaiono presto in primavera, sui rami ancora privi delle foglie, riuniti in pannocchie ascellari aventi generalmente fiori di un solo tipo, ma talvolta anche ermafrodite. Petali e sepali sono assenti, ma le sfumature purpuree degli stami e degli altri organi fiorali conferiscono alla chioma una colorazione caratteristica




i frutti sono samare lanceolato-lineari, lunghe fino a 60 mm, lungamente peduncolate e riunite in grappoli, inizialmente di colore verde chiaro, poi giallastre, infine bruno-rossicce alla maturazione, che permangono attaccate ai rami per tutto l’inverno


STORIA E MITOLOGIA: le popolazioni nordiche, prima dell'avvento del Cristianesimo, consideravano il frassino una pianta sacra, simbolo della potenza virile: veniva da essi denominato yggdrasil (albero del mondo) e sui suoi rami si riteneva dimorassero i due corvi messaggeri del dio Odino. Secondo le credenze fu proprio Odino, la massima divinità di quelle popolazioni, ad impiegare un pezzo di legno di frassino per far nascere il primo uomo. Inoltre nelle vicinanze del frassino yggdrasil trovava la sorgente miracolosa Mímir, che per Odino era fonte di saggezza ed acume.
Secondo i vichinghi il frassino nasceva da tre radici che prendevano origine da tre mondi diversi, dimora inferiore degli dei. I tre mondi si riunivano nel tronco, che attraversa verticalmente il piano tra cielo e terra. Più in alto i rami si estendevano fino alla celeste dimora degli Dei.
Le popolazioni celtiche consideravano il frassino simbolo di rinascita e fonte di guarigioni miracolose.
Per gli antichi greci quest'albero era consacrato a Poseidone ed inoltre si riteneva fosse abitato dalle ninfe Melíadi.
Secondo Esiodo da esso discendeva la stirpe degli uomini di bronzo, "spaventosa e violenta". Frassino e bronzo erano simboli di durezza ed infatti le armi di questo popolo erano di bronzo ed avevano manici di frassino.
Gli antichi romani supponevano invece che il frassino avesse proprietà medicamentose: Plinio consigliava di impiegarne il succo delle foglie per curare il morso di serpenti velenosi.
Nel Medioevo si bruciavano pezzi di legno di frassino per allontanare da una stanza l'influenza degli spiriti maligni e si riteneva che i vampiri potessero essere uccisi soltanto conficcando al loro cuore un ramo appuntito di frassino.

IMPIEGO MEDICINALE ED ALIMENTARE: dalla corteccia si otteneva un decotto per curare le affezioni epatiche e dalla cenere un estratto contro la scabbia. Le foglie venivano utilizzate per l’alimentazione del bestiame. Le foglie hanno inoltre una certa attività come regolatrici dell’intestino ed è stata anche accertata la loro utilità utilità come coadiuvanti nella cura della gotta, dei reumatismi articolari, dell’artrite e dei calcoli renali. L’azione lassativa è leggera ma sicura. Gli estratti si ricavano dalle foglie (per uso esterno), dalla corteccia e dai frutti (per uso interno).