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Pachystachys lutea Nees 1847



famiglia: Acanthaceae
sinonimi: Jacobinia lutea
nome comune: pachistachis, pachistachi




ETIMOLOGIA:   il nome del genere è coniato dai termine greci pachýs (grosso) stákys (spiga) per le voluminose infiorescenze spiciformi. L'epiteto specifico proviene dall'aggettivo latino luteus -a -um  (giallo) per il colore delle infiorescenze 






la pachistachis è un piccolo arbusto sempreverde originario delle regioni subtropicali occidentali del Sudamerica, in particolare Bolivia e Perù, alta in natura fino a 150-200 centimetri, che però coltivata in vaso alle nostre latitudini raramente supera i 60 centimetri (esistono in commercio anche varietà nane o particolarmente compatte, che non superano i 25-30 centimetri). È una pianta delicata, che non sopporta temperature inferiori ai 10-15°C, utilizzata generalmente come pianta d'appartamento, ma che può trovare anche spazio in giardino come pianta annuale per macchie di colore. A +7°C la pianta perde tutte le foglie. Anche in estate non gradisce temperature eccessivamente alte, vegetando bene intorno ai 23-25°C. Essendo una pianta originaria delle foreste, gradisce posizioni luminose ma non il contatto diretto coi raggi solari, che siano ben arieggiate ma protette dalle correnti fredde, a cui è molto sensibile. Preferisce terreni ricchi e fertili, assolutamente ben drenati, ed una elevata umidità atmosferica, da mantenersi con argilla espansa tenuta costantemente umida nel sottovaso (attenzione però a fare in modo che il vaso non sia direttamente immerso nell'acqua) ed irrorazioni quotidiane alla chioma (da sospendersi durante la fioritura per non rovinare le infiorescenze). Le annaffiature devono essere abbondanti nel periodo estivo, mantenendo il terriccio costantemente umido ma non intriso d'acqua stagnante. In inverno sarà invece sufficiente una sola irrigazione settimanale. Durante la crescita potrà essere somministrato settimanalmente con le annaffiature un concime liquido per piante da fiore. La crescita della pianta è piuttosto disordinata, con foglie rade, per cui ad inizio primavera, per mantenere una forma compatta, si può provvedere ad un intervento di potatura, tagliando i rami a circa 15 centimetri dal terreno, appena sopra una foglia


i fusti, dapprima teneri ed erbacei, tendono col tempo a diventare legnosi ed a spogliarsi man mano che la pianta cresce. Le foglie sono semplici, ad inserzione opposta, ovaleggianti, col margine liscio o leggermente dentato ed apice acuminato, rugose e di colore verde scuro




alla sommità dei fusti lignificati si forma una vistosa infiorescenza a pannocchia, con fiori tubulosi, di colore bianco candido, circondati da appariscenti brattee di colore giallo vivo, aventi funzione vessillare. Ogni infiorescenza ha durata piuttosto breve, ma la fioritura è continua durante tutti i mesi più caldi


Clerodendrum trichotomum Thunb. 1784



famiglia: Verbenaceae
sinonimi: Clerodendrum serotinum  Volkameria japonica
nome comune: clerodendro giapponese



ETIMOLOGIA:   il nome del genere è coniato dai termini greci kléros (sorte, fortuna) e déndron (albero), a significare letteralmente 'albero della fortuna', per l'abbondanza e bellezza dei fiori, molti dei quali profumati. L'epiteto specifico proviene dall'unione dei due termini greci trichòs (pelo) e tomòs (strato) per lo strato di peluria che ricopre la pagina inferiore delle foglie






 il clerodendro giapponese è un piccolo alberello deciduo a crescita lenta e portamento espanso, alto e largo fino a 4-6 metri, originario del Giappone e della Cina orientale, da dove poi si è diffuso in tutte le zone a clima temperato ed anche in Italia (intorno al 1860). Predilige posizioni assolate o parzialmente ombreggiate e non ha particolari esigenze di terreno, anche se lo preferisce fertile, ricco di sostanza organica e ben drenato, possibilmente poco calcareo. Nelle zone di montagna ed in quelle vicino al mare è necessaria una protezione dai forti venti e dalla salsedine.
È una pianta abbastanza resistente al freddo (sopporta fino a -15°C) ed alle avversità, generalmente utilizzata come pianta ornamentale per la sua rusticità ed adattabilità, oltre che per la persistente fioritura estiva di notevole effetto estetico e decorativo e la presenza di frutti molto decorativi. Allevato in forma arborea sviluppa una chioma tondeggiante se coltivato a mezz’ombra, piuttosto espansa se cresciuto in pieno sole.


 la corteccia dei giovani rami è liscia e bruna, tomentosa, mentre invecchiando appare ruvida e screpolata, di colore grigio-bruno



 le foglie sono decidue, opposte, ovate od ellittiche, grandi fino a 25 centimetri, lungamente picciolate, col margine leggermente dentato ed acuminate all'apice, di colore verde intenso, tomentose sulla pagina inferiore, specialmente in prossimità delle nervature. Se stropicciate o quando cadono emanano un odore piuttosto sgradevole.




 i fiori piccoli, con il calice di colore bianco rosato con quattro stami molto lunghi, bianchi, stellati, riuniti in grandi corimbi intensamente profumati, ricordano quelli del gelsomino e compaiono tra agosto e settembre



i frutti, che compaiono in autunno, sono bacche sferoidali delle dimensioni di un pisello, racchiuse da un calice a forma di lanterna di colore rosso. Dapprima verdi, si scuriscono all'apertura del calice, diventando blu-viola. Non sono tossici e persistono sui rami anche per cinque mesi, da ottobre-novembre fino a gennaio-febbraio



Eustoma grandiflorum (Raf.) Schinners 1957




famiglia: Gentianaceae
sinonimi: Eustoma russellianum  Lisianthus russellianus
nome comune: eustoma, lisianto




ETIMOLOGIA: il nome del genere è coniato dai termini greci eu (bene) e stóma (bocca), per i lobi incrociati della corolla, che ne chiudono ed abbelliscono l'imboccatura. L'epiteto specifico latino grandiflorum (a fiori grandi) ricorda la particolare grandezza dei fiori di questa specie







 il lisianto è una pianta erbacea perenne originaria delle regioni calde del Sud degli Stati Uniti e del Messico, alta fino a 50 centimetri, delicata, coltivabile all'aperto solo nelle zone non fredde, mentre in quelle a clima invernale rigido viene allevata come perenne, in serra od in appartamento, oppure come annuale. Viene molto coltivata anche a scopo industriale per la produzione di fiori recisi, particolarmente apprezzati per l'addobbo delle chiese per i matrimoni. È una pianta eretta, a lenta crescita, che predilige posizioni molto luminose, ma riparate dal sole diretto nelle ore più calde dell'estate, e non è particolarmente esigente in fatto di terreno, richiedendo solo un buon drenaggio in quanto è molto sensibile al ristagno idrico.
Ne esistono in commercio varietà di diversa taglia, con fiori semplici o doppi, di colore bianco, crema, malva, porpora, azzurro, viola o blu.


 le foglie sono semisucculente, opposte, lanceolate, molto grandi, parzialmente saldate alla base, di colore verde glauco tendente al bluastro. 


i fiori, che compaiono da maggio a settembre, portati su lunghi steli ascendenti e riuniti in rade cime con solo pochi fiori aperti, simili a papaveri o tulipani aperti, hanno i sepali parzialmente saldati alla base e più piccoli dei petali, che sono larghi ed arrotondati, anch'essi saldati alla base e leggermente sovrapposti tra loro. Gli stami e l'ovario sono spesso di colore giallo sgargiante. I fiori possono essere semplici, semi-doppi o doppi, di colore blu nella specie selvatica, ma presenti in un ampio spettro di colori nelle varietà e negli ibridi selezionati (in particolare in Nuova Zelanda e Giappone). Sono molto apprezzati come fiori recisi per la loro bellezza e per la lunga durata. 


Clerodendrum bungei Steud. 1840



famiglia: Verbenaceae
sinonimi: Clerodendrum foetidum
nome comune: clerodendro cinese, albero della fortuna



ETIMOLOGIA:   il nome del genere è coniato dai termini greci kléros (sorte, fortuna) e déndron (albero), a significare letteralmente 'albero della fortuna', per l'abbondanza e bellezza dei fiori, molti dei quali profumati. L'epiteto specifico ricorda Alexander Georg von Bunge (1803-1890), botanico estone-tedesco che effettuò diverse spedizioni in Asia e Siberia alla ricerca di nuove specie







il clerodendro cinese è un piccolo arbusto spogliante, raramente più alto di 250 centimetri, originario dell'Asia orientale subtropicale, in particolare Cina, Indocina e Taiwan. Forma un cespuglio dall'aspetto esile, accestito fin dalla base e molto pollonifero, che vive bene in posizioni luminose ma protette dall'insolazione diretta, preservate dall'intenso freddo invernale, in quanto la parte aerea può essere danneggiate dalle basse temperature invernali: nelle zone a clima invernale rigido deve svernare in serra fredda (dove non si superino i 10°C) o in una veranda fresca ed arieggiata. In ogni caso la radice non viene danneggiata ed emette nuovi germogli in primavera, che possono fiorire lo stesso anno. In piena terra  preferisce avere le radici al fresco, in un terreno umido ma ben drenato, molta acqua, mezz’ombra o sole mattutino, così da evitare i colpi di calore in grado di afflosciarne il fogliame: se collocato in posizione ottimale può tendere a diventare infestante, in quanto ha la capacità di emettere polloni anche a diversi metri di distanza. Tale caratteristica ne sconsiglia sia l’uso sia in vaso che negli spazi angusti, dove non possa accestire liberamente. Una potatura a metà dei vecchi rami, effettuata all’inizio della primavera, può essere utile per rinnovare la pianta e contenerne il portamento



i fusti, lunghi e sottili, portano foglie cuoriformi, opposte, dall'apice acuminato ed il margine crenato, rossastre appena spuntano, poi di colore verde scuro sulla pagina superiore e con peli rosseggianti su quella inferiore. Se stropicciate emettono un odore piuttosto sgradevole, simile a quello delle cimici: non a caso questo clerodendro un tempo veniva indicato come foetidus (puzzolente)



i fiori, profumati ed assai apprezzati dalle farfalle, tubulosi e stellati, di colore rosa brillante, riuniti in grandi corimbi sferici od ombrelliformi larghi fino a 15-20 centimetri, hanno un calice piccolo ed un tubo corollino lungo e sottile, che si allarga alla sommità in cinque segmenti lineari. La fioritura avviene in luglio-agosto. Le infiorescenze appassite possono essere asportate per favorire una seconda fioritura con l’avanzare dell’autunno


Yucca rostrata Engelm. 1902



famiglia: Agavaceae
sinonimi: Yucca linearis, Yucca rostrata var. linearis
nome comune: yucca rostrata, yucca becco



ETIMOLOGIA: il nome del genere fu mutuato dal nome comune con cui questa pianta veniva chiamata nelle zone d'origine, yuca, riferito da John Gerard (1545-1611) che introdusse questa pianta in Europa e poi adottato da Linneo. L'epiteto specifico ha origine dall'aggettivo latino rostrata (a forma di rostro) in riferimento alla forma di becco rostrato dei semi di questa pianta






la yucca rostrata è un arbusto od un piccolo alberello sempreverde semisucculento, a spiccate caratteristiche xerofite, alto fino a 5-6 metri, con fusto singolo oppure ramificato, a più teste (nelle piante più vecchie), simile ad una palma, originario dell'Arizona, del Texas occidentale e dello stato di Chihuahua, nel Nord del Messico, dove vive su pendii aridi e cime rocciose in terreni prevalentemente calcarei. Pur vivendo in zone semidesertiche è una pianta abbastanza rustica, che sopporta anche le temperature molto basse (anche -20°C), purchè il terreno sia sufficientemente asciutto e ben drenato. Infatti cresce meglio in terreni sciolti e ricchi di scheletro, privi di ristagno idrico e poveri di materia organica, sopravvivendo per gran parte dell'anno anche in assenza di irrigazioni o precipitazioni. È perciò la pianta ideale per climi caldi e siccitosi o per decorare ingressi di abitazioni od aziende a basso livello di manutenzione, presentando tra l'altro ottime caratteristiche ornamentali. Sviluppa meglio la sua forma se posizionata in pieno sole o in ombra leggera. La crescita, piuttosto lenta, avviene soprattutto nel periodo primaverile, nel quale bisogna fornire alle piante adeguati quantitativi idrici, però evitando sempre eccessi che possono dar adito a fenomeni di asfissia radicale





le teste sono quasi sferiche, formate da una rosetta apicale da cui si originano numerosissime foglie nastriformi, flessibili ed acuminate all'apice, di colore blu-verde o blu-grigio, lunghe 50-70 centimetri e larghe 1-1,5. L’infiorescenza è una spiga di grandi dimensioni, lunga fino a 60 centimetri che compare a fine primavera od inizio estate e sporge oltre la vegetazione delle foglie con fiori non profumati, di colore bianco molto luminoso, che creano uno splendido contrasto con il colore del fogliame


USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: l'impiego fitoterapico della yucca è tradizionalmente destinato al trattamento di disturbi quali artrite, diatesi artritica, alopecia, capelli deboli, forfora..
I principi attivi della droga, che vengono estratti dalle foglie, sono essenzialmente saponine sferoidali (sarsapogenina, marcogenina, gitogenina, smilagenina, sapogenina, neogitogenina ecc.).
La yucca è una pianta dalla bassa tossicità e, alle dosi terapeutiche consigliate, non vi sono particolari controindicazioni al suo utilizzo, fatta ovviamente eccezione per le ipersensibilità di carattere individuale

Attenzione!!!
Questi non sono consigli medici!! Usate eventuali prodotti con cautela e solo secondo le prescrizioni del medico o dell’erborista

 

Zantedeschia rehmannii Engl. 1883



famiglia: Araceae
sinonimi: Arum rehmannii, Richardia rehmannii
nome comune: calla rosa



ETIMOLOGIA: il vecchio nome di calla fu dato da Linneo che lo coniò dal termine greco kalòs (bello). Il nuovo nome generico fu dato da Sprengel nel 1826 in onore di Giovanni Zantedeschi (1773-1846), botanico veronese, autore di opere descrittive della flora del bresciano e del bergamasco.  L'attributo specifico rehmannii (di Rehmann) è stato dato per ricordare Anton Rehmann (1840-1917), botanico, geologo ed esploratore austriaco che tra il 1875 ed il 1877 visitò l'Africa del sud catalogando oltre 9000 specie di piante










la calla rosa è una pianta erbacea perenne decidua, delicata, alta fino a 50-60 centimetri, originaria di Transvaal e Swaziland, nell'Africa meridionale, ma con areale assai più diffuso. È una specie sensibile al freddo, che teme temperature inferiori ai +10-15°C, da coltivare quindi in appartamento od in serra nei climi in cui vi sono periodi freddi, oppure come pianta annuale.
Presenta foglie lanceolate, strette, lunghe 25-30 centimetri, di colore verde, talvolta con macchie bianche o argentate ed infiorescenze lunghe 10-13 centimetri, con un corto spadice bianco crema ed una spata imbutiforme, di colore variabile dal rosa pallido al rosso vino, più chiara inferiormente, che compaiono da aprile a giugno.
 In Nuova Zelanda sono stati creati nuovi ibridi dal portamento compatto e dalle dimensioni ridotte (30-45 centimetri), molto adatti alla coltivazione in appartamento. Presentano fiori di colore variabile dal rosa al rosso, dall’arancio al giallo, dal porpora al marrone



ATTENZIONE: tutte le parti della pianta (in particolare le foglie) sono tossiche per l'uomo e per gli animali domestici, in quanto contengono notevoli quantità di rafidi e di ossalati di calcio, che provocano irritazioni alla pelle ed alle mucose per contatto, mentre se ingerite causano sintomi come dolori addominali, vomito e diarrea. Occorre lavarsi molto bene le mani e tutte le parti che entrano a contatto con la pianta, usando liquidi freddi ed emollienti

Urtica dioica L. 1753



famiglia: Urticaceae
sinonimi: Urtica hispida, Urtica major, Urtica pubescens
nome comune: ortica comune, ortica




ETIMOLOGIA:  il nome generico proviene dal verbo latino urere (bruciare), con riferimento alla ben nota caratteristica della pianta di irritare la pelle. L'attributo specifico latino dioica è riferito al fatto che la pianta porta fiori maschili e fiori femminili su piante diverse







l'ortica comune è una pianta erbacea perenne, decidua, alta da 30 centimetri fino a 2 metri, conosciuta ed utilizzata sia a scopo alimentare sia come pianta medicinale fin dai tempi più remoti, si pensa addirittura dall'età della pietra. È una specie cosmopolita, ampiamente diffusa nelle zone temperate di tutto il mondo e così anche in Italia, vegetando dalla pianura alla montagna in luoghi parzialmente ombreggiati, negli incolti e tra i ruderi, nei boschi e lungo le strade, prediligendo i luoghi antropizzati, molto ben conosciuta anche dai bambini per via dei peli urticanti che ricoprono tutta la pianta. Si adatta a tutti gli ambienti e cresce bene un po' dappertutto, prediligendo i terreni ricchi di azoto e di sostanza organica e sopportando egregiamente il freddo, la siccità e tutte le intemperie. È una pianta molto rustica e poco soggetta agli attacchi di parassiti e patogeni. Fino ad oggi è stata scarsamente coltivata, pertanto non sono segnalate particolari patologie. Allo stato spontaneo si possono notare sulle piante attacchi di oidio e di ruggine, di afide verde e di metcalfa




la pianta dell'ortica ha un rizoma strisciante e ramificato, cavo all'interno, dal quale si dipartono fusti eretti e vigorosi, solitamente non ramificati, a sezione quadrangolare e ricoperti di peli urticanti. Le foglie sono opposte, picciolate e provviste di 4 stipole, di forma ovale oblunga, cordate alla base ed acuminate all'apice, dal margine grossolanamente dentato. Tutto il lembo fogliare è fornito nella pagina inferiore, prevalentemente in prossimità delle nervature, di peli corti e semplici ed altri lunghi e rigidi, urticanti, che spezzandosi al minimo contatto secernono un liquido irritante per la pelle, composto principalmente da acetilcolina, istamina, serotonina, ed acido formico



come già detto la specie è dioica, per cui troveremo piante con fiori unicamente maschili e piante con fiori unicamente femminili. I primi sono riuniti in spighe erette, mentre i secondi formano spighe pendule. Entrambi i fiori hanno un colore bianco-verdastro ed hanno 4 tepali che proteggono l'ovario o gli stami. La fioritura è da maggio ad ottobre




USO ALIMENTARE ED OFFICINALE: in cucina l'ortica può essere impiegata cruda in insalata oppure nella preparazione di frittate, minestre, ravioli, risotti. La polvere ottenuta dalle foglie essiccate può essere sparsa sul cibo. I getti giovani e freschi sono i migliori da utilizzare, in quanto più teneri e facili da consumare. Il momento migliore per coglierli è dopo una pioggia, il periodo più adatto è la primavera (quando conviene anche farne una buona scorta per l'inverno), o l'autunno quando, dopo il taglio, crescono i nuovi getti. Naturalmente data la caratteristica di queste piante è necessario munirsi di forbici e guanti. Tutta la pianta dell'ortica contiene elevate dosi di clorofilla, di vitamine (in particolare C, A e K), di sali minerali (azoto, ferro, calcio, magnesio, fosforo, silicio) e di sostanze come lectina, acido folico, acidi fenolici, lignani, steroli vegetali e flavonoidi. Tali sostanze hanno dimostrato una spiccata attività contro l'ipertrofia prostatica benigna, inibendo fortemente il proliferare delle cellule di quest'organo. La lectina esercita anche un'azione antiflogistica molto forte, in particolare contro le malattie reumatiche. L'alta concentrazione di sali minerali dona all'ortica proprietà diuretiche, depurative ed alcalinizzanti, utili in caso di gotta e di calcoli renali. L'alto contenuto in ferro è utile in caso do anemia. L'insieme di tutte le sostanze contenute nell'ortica, non ancora ben studiato e conosciuto, dimostra anche avere azione vasocostrittrice ed emostatica, antiasmatica, digestiva, astringente, ipoglicemizzante, galattogena (aumento della produzione del latte materno) ed emolliente. Per uso interno possono essere impiegati il succo fresco centrifugato oppure infusi, tisane e decotti.
Per un uso esterno lozioni, impacchi e tamponi di succo d'ortica sono efficaci contro affezioni croniche della pelle (eczemi, eruzioni ed acne) e contro la caduta dei capelli, rigenerando e rendendo più bella la pelle.
Per il contenuto dei suoi tessuti l'ortica è una pianta molto usata in agricoltura biologica sia come antiparassitario che come ammendante del terreno

Attenzione !! Questi non sono consigli medici!! Usate eventuali prodotti con cautela e solo secondo le prescrizioni del medico o dell’erborista