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Salvia greggii A. Gray



famiglia: Lamiaceae
nome comune: salvia di Gregg





ETIMOLOGIA:   il nome generico proviene dal verbo latino salveo (star sano), per le proprietà medicinali di molte specie, in particolare la salvia officinale. L'attributo specifico ricorda Josiah Gregg (1806-1850), esploratore, commerciante e collezionista di piante americano, che raccolse numerose specie durante le sue spedizioni nel deserto texano e messicano






la salvia di Gregg è una specie erbacea perenne o suffruticosa originaria del Texas e del Messico, semirustica, alta fino a 100-110 centimetri e larga 50-60, dal portamento sparso e rami leggermente ricadenti, adatta ai climi temperati. È una specie dai caratteri assai variabili, che in natura vive in ambienti aridi e sassosi ed è frequentemente ibridata con specie simili come S. grahamii e S. microphylla. Facile da coltivare e di rapido sviluppo, cresce meglio in pieno sole ma si adatta anche alla mezz'ombra ed ha una buona resistenza sia alla siccità che ai freddi intensi (è rustica fino a -10°C), mantenendo la vegetazione anche in inverno. Si accontenta di 1-2 irrigazioni settimanali durante la stagione calda e predilige terreni ben drenati e sciolti, tendenzialmente calcarei. Fiorisce praticamente tutto l’anno (per 8-9 mesi) con corolle di tanti colori a seconda delle varietà oggi presenti sul mercato, dal bianco al giallo all’arancio, e diverse tonalità di rosa e di rossi. Alla fine dell’inverno quando le piccole foglie rimaste sui fusti dopo il freddo tendono a crescere, occorre tagliare a 10-20 centimetri dal suolo, lasciando qualche gemma verde in crescita, per incoraggiare l'emissione di nuovi rami ed una migliore fioritura.
Le diverse varietà in commercio possono differire, oltre che per il colore dei fiori, anche per la loro forma, per la forma e la grandezza delle foglie, per il portamento e le dimensioni della pianta



i giovani rami sono verdi ed erbacei, mentre quelli più vecchi sono legnosi ed hanno un colore brunastro. Le foglie sono semplici, opposte, da picciolate a sessili, piccole e ricche di ghiandole, di colore verde pallido, tendenzialmente ellittiche, col margine serrato, aromatiche



i fiori della specie tipo presentano normalmente diverse tonalità di rosso. Sono profumati di pesca ed attrattivi per gli insetti, riuniti in spicastri terminali eretti che compaiono in continuazione durante tutta la stagione vegetativa, più abbondantemente dall'estate all'autunno


Kalanchoe blossfeldiana Poelln. 1934




famiglia: Crassulaceae
sinonimi: Kalanchoe globulifera var. coccinea
nome comune: calancola




ETIMOLOGIA: il nome generico è derivato dal termine cinese calankoé, con cui sono denominate alcune piante di questo genere. L'attributo specifico ricorda il botanico tedesco Robert Blossfeld, ibridatore di piante che per primo introdusse questa specie in Europa nel 1932 e la mise in coltura








la calancola è una pianta perenne succulenta, alta fino a 30 centimetri, originaria ed endemica del Madagascar, a portamento cespitoso ed eretto, molto diffusa come pianta d'appartamento grazie alle sue splendide fioriture e alla facilità di coltivazione. Le piante si coltivano in un terriccio molto ben drenato, ricco di sabbia e ghiaia, possono essere esposte tranquillamente in pieno sole e non necessitano di irrigazioni frequenti. Durante il periodo estivo si consiglia di portarle all’aperto e di aumentare le annaffiature per favorire la vegetazione. Nel periodo invernale le irrigazioni si diradano, giusto a mantenere il terriccio leggermente umido, mentre è importante che la temperatura non scenda al disotto dei 5-7°C.
Esistono in commercio innumerevoli ibridi derivati da questa specie, dalle caratteristiche molto varie, che possono crescere anche più della specie tipo e che producono fiori di svariate sfumature e colori diversi



le foglie sono carnose e succulente, ellittiche o quasi di forma triangolare, opposte ma quasi appressate tra loro, lucide, glabre e di consistenza cerosa, di colore verde scuro, con margini rossastri leggermente dentati




 i piccoli fiori (fino a 1,5 centimetri) hanno una corolla tubuliforme che apicalmente si apre in 4 petali e sono riuniti in cime corimbose portati da dei lunghi scapi fiorali eretti privi di foglie. La specie tipo ha fiori rossi, ma le diverse varietà portano fiori arancio, rosa, violetto, giallo, bianco, anche con corolla doppia. La fioritura avviene soprattutto da febbraio a maggio, ma appaiono fiori anche negli altri periodi dell'anno


ATTENZIONE: come avviene per le altre piante appartenenti a questo genere, tutte le parti di questa pianta sono tossiche per ingestione, in quanto contengono alcune sostanze che possono produrre irritazione gastrointestinale ed altre, glucosidi cardioattivi, che sono nocive per il cuore, potendo causare gravi alterazioni alla frequenza ed al ritmo cardiaco. In presenza di bambini piccoli ed animali domestici è quindi opportuno riporre le piante al di fuori della loro portata




Acer palmatum 'Atropurpureum'

famiglia: Sapindaceae
nome comune: acero giapponese rosso



ETIMOLOGIA: il nome del genere è coniato dal termine latino acer (duro, aspro) per la particolare durezza del legname. L'attributo specifico latino palmatum (a forma di palmo)  è riferito alla forma palmata delle foglie










si tratta di una varietà ornamentale molto bella e diffusa grazie al suo portamento elegante e al suo colore caratteristico. Le foglie, palmate come quelle della specie tipo, sono infatti di color porpora ed in autunno virano al rosso brillante. L'altezza media raggiunta si aggira intorno ai 4-6 metri. In primavera produce piccoli racemi di fiori rossastri, che in seguito si trasformano in disamare di colore rossastro.
La pianta deve essere sistemata in una zona parzialmente soleggiata ed è molto importante che non sia esposta al sole nelle ore più calde, soprattutto d'estate ed ai forti venti, a causa della relativa fragilità dei rami

 

Epiphyllum x ackermannii Haw.

famiglia: Cactaceae
sinonimi: Disocactus ackermannii, Nopalxochia ackermannii, Phyllocactus ackermannii
nome comune: epifillo, lingua di suocera


ETIMOLOGIA: il nome generico è derivato dall'unione dei due termini greci epí (sopra) e fýllon (foglia), per i fiori che nascono sopra o ai margini dei cladodi, erroneamente considerati foglie




le piante che normalmente definiamo come epifillo sono in realtà un gruppo piuttosto numeroso di ibridi, originari delle zone tropicali di Messico, Centro- e Sudamerica, ottenuti quasi certamente nel XIX° secolo dall'incrocio di Epiphyllum con Heliocereus e raggruppati con la denominazione comune di E. x ackermannii. Le specie tipiche sono poco diffuse in coltivazione. Attualmente questi ibridi sono stati inseriti dai botanici nella nuova specie Disocactus ackermannii.
Sono piante cespitose, con fusti cerosi, piatti o ritorti, simili a foglie spesse e allungate. Tali fusti, inizialmente cilindrici e poi nastriformi per tutta la lunghezza, eretti o ricadenti, sono lunghi fino a 90 cm e presentano margini dentellati o crestati, nei quali si trovano le areole lanose, con poche spine setolose e morbide, o anche prive di spine.
Sono piante da coltivare in vaso con substrati leggermente acidi e sciolti, ricchi di materiale inerte, molto ben drenati. Prediligono semi-ombreggiate ma luminose, al riparo dell'incidenza diretta dei raggi solari. Durante la stagione vegetativa è necessario intervenire con abbondanti irrigazioni, mentre nel periodo di riposo è sufficiente mantenere leggermente umido il substrato di coltura. Con le irrigazioni bisogna anche concimare, aggiungendo all'acqua durante il periodo vegetativo, ed in particolare alla comparsa dei boccioli fiorali, un concime liquido per cactacee, povero in azoto e ricco di fosforo e potassio, a scadenza quindicinale. Gli epifilli, come gran parte delle piante tropicali, amano l'umidità dell'aria, per cui si rivela utile, durante il periodo di crescita e nei periodi più caldi, l'applicazione di nebulizzazioni fogliari
La temperatura minima tollerata è di +10°C, per cui gli epifilli possono essere coltivati all'aperto solo nelle zone a clima mite dell'Italia centro-meridionale, mentre nell'Italia del Nord vanno tenuti in ambiente riparato da ottobre fino all'inizio di aprile



in natura gli epifilli sono piante epifite, che non vivono nel terreno ma crescono sulle forcelle dei grandi alberi o nelle crepe tra le rocce, dove le loro radici, grosse e fibrose, ricavano acqua e sostanze nutritive dai detriti organici che vi si depositano. I fusti, chiamati cladodi, si presentano carnosi, di colore verde scuro, coi margini dentellati ed ondulati. In sezione appaiono appiattiti o triangolari, con la nervatura centrale ingrossata



i fiori imbutiformi, di colore scarlatto, larghi fino a 15 centimetri, sbocciano in gran quantità lungo i bordi dei fusti carnosi a partire da maggio-giugno e rimangono aperti solo di giorno



Nicotiana alata Link & Otto

famiglia: Solanaceae
sinonimo: Nicotiana affinis
nome comune: tabacco da fiore


ETIMOLOGIA: il nome generico è stato dato da Linneo in onore di Jean Nicot de Villemain (1530-1600), console francese a Lisbona, che introdusse nel 1560, per la prima volta, semi della pianta del tabacco, ritenuto un farmaco, prima in Portogallo e poi in Francia 



il tabacco da fiore è una pianta erbacea perenne, semirustica (non sopporta temperature inferiori ai +5°C), alta fino a 100-120 centimetri, originaria delle zone calde dell'America meridionale, che viene generalmente coltivata come annuale nelle zone a clima invernale freddo. Se opportunamente riparate le piante riescono però a superare l'inverno anche in queste zone. In ogni caso le piantine si autodisseminano producendo una grande quantità di semente, per cui, anche se muoiono, nello stesso luogo ricompaiono l'anno successivo nuove piantine.
 I rami sono eretti e si dipartono da una rosetta basale di foglie rotondeggianti o cuoriformi, lunghe 10-25 centimetri, appiccicose o viscose come tutte le altre parti della pianta.
Si coltiva in terreni fertili e ben drenati, in posizione soleggiata o parzialmente ombreggiata, riparata dai venti. Nelle zone molto ventose le varietà più alte hanno bisogno di un sostegno. nei periodi caldi ha bisogno di discreti quantitativi d'acqua, evitando però di creare ristagni idrici. Può essere coltivata anche in vasi e fioriere, vicino a casa, dove il delicato profumo dei fiori che si sviluppa nelle ore serali e notturne possa essere pienamente apprezzato.
Complessivamente può essere considerata una pianta molto appariscente ed assai facile da coltivare. Vi sono in commercio numerose varietà con fiori dal colore variabile in un range che va dal bianco al verdastro, fino al rosa ed al rosso brillante



i fiori sono infundibuliformi (ad imbuto), lunghi fino ad 8 centimetri, con la parte inferiore dei sepali saldata a formare un tubo molto profondo, di colore verdastro, mentre la parte superiore si apre a formare una stella a 5 punte più vivacemente colorata. Sono riuniti in radi racemi e compaiono da giugno a settembre, emanando un profumo molto delicato, specialmente la notte. Per prolungare la fioritura è opportuno eliminare i fiori man mano che sfioriscono


USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: tutte le parti della pianta sono da considerarsi velenose per ingestione, anche se in erboristeria si sfruttano alcune qualità delle sostanze in esse contenute per curare stati di dipendenza da tabagismo o per poter aiutare a gestire situazioni emozionali stressanti o il desiderio di stimolare le proprie energie in presenza di stress psichico.

ATTENZIONE!!!  i farmaci vanno assolutamente assunti sotto stretto controllo del medico o dell'erborista 

Jatropha multifida L. 1753

famiglia: Euphorbiaceae
sinonimo: Adenoropium multifidum
nome comune: pianta corallo

ETIMOLOGIA: il nome generico deriva dall'unione dei due termini greci iatría (medicina) e trofé (alimento), per le radici di alcune specie, ricche di fecola. L'attributo specifico latino multifida (divisa molte volte) sta ad indicare la fine suddivisione delle foglie di questa specie, laciniate lungo le nervature



la pianta corallo è una specie arbustiva caudiciforme e succulenta, originaria delle zone tropicali subtropicali centroamericane (in particolare il Guatemala), coltivata alle nostre latitudini come pianta da serra o da appartamento. In natura può svilupparsi fino ad un'altezza di 3 metri, ma in vaso rimane generalmente sui 50-60 centimetri, superando raramente il metro. Predilige terreni sciolti, freschi, profondi e ben drenati. Per riuscire a fiorire necessita di almeno 2-3 ore giornaliere di insolazione diretta, ma può sopravvivere anche in esposizioni semi-ombreggiate. In ogni caso la temperatura minima non deve scendere al di sotto dei 15°C, per cui in Italia può essere coltivata all'aperto solo nelle zone costiere delle regioni meridionali, riparata dai venti freddi nella stagione invernale. Le annaffiature dovranno essere regolari durante la stagione vegetativa, con concimazioni a cadenza quindicinale con concimi liquidi, evitando accuratamente i ristagni idrici, che causerebbero marciumi radicali e del colletto



la pianta ha un singolo tronco, semilegnoso e succulento, con la corteccia color marrone chiaro striata di verde, che col tempo tende ad allargarsi alla base e formare un 'caudice', il fusto a forma di bottiglia tipico di alcune piante tropicali ed avente funzione di serbatoio per l'immagazzinamento dell'acqua. Nella parte apicale del fusto si forma un discreto numero di ramificazioni, a creare una chioma abbastanza ampia. Le foglie, alterne e portate da piccioli lunghi e flessibili, arcuati, sono molto grandi, larghe oltre 30 centimetri, palmate, di colore verde scuro sopra e molto più chiare sotto, con 7-11 lobi profondamente incisi, a loro volta finemente dissetti in segmenti lungo le nervature di colore più chiaro



i fiori, che in condizioni ottimali di crescita possono comparire in qualunque periodo dell'anno, sono riuniti in infiorescenze ombrelliformi portate da lunghi peduncoli che le ergono al di sopra del fogliame. I singoli fiorellini, piccoli, di colore rosso corallo-arancio, hanno petali carnosi e stami giallastri


sulle infiorescenze possono formarsi frutti verdastri e coriacei, che portano al loro interno alcuni semi di colore bruno scuro

ATTENZIONE!!!! tutte le parti della pianta, ma in particolare i semi, sono tossiche per ingestione, provocando sintomi come depressione del sistema nervoso, disidratazione ed alterazione del ritmo cardiaco in conseguenza di gastro-enteriti di tipo emorragico


Impatiens walleriana Hook. f. 1868

famiglia: Balsaminaceae
sinonimi: Impatiens holstii, Impatiens sultani
nomi comuni: fiore di vetro, balsamina, carolina, lisetta

ETIMOLOGIA: il nome generico è mutuato dal termine latino impatiens (impaziente) per l'apertura a scatto dei frutti a capsula, che sparano lontani i semi. L'attributo specifico è stato dato in memoria di Horace Waller (1833-1896), un missionario britannico





la balsamina è una pianta erbacea perenne, semisucculenta, originatasi nelle forme oggi presenti nei vivai dalla progressiva ibridazione e selezione delle due specie originarie oggi citate come sinonimo. La specie tipo è originaria dell'Africa orientale, dal Kenya al Mozambico, dove cresce nelle foreste costiere e lungo le rive dei fiumi in zone umide ed ombrose, fino a raggiungere un'altezza di 30-80 centimetri. Dalla specie tipo sono stati creati molti ibridi, che, oltre a presentare diverse colorazioni dei fiori (bianco, arancione, rosa, rosso, lavanda, viola, ed anche bicolori, bianco e rosso), possono essere anche di taglia più ridotta. Non resiste alle temperature inferiori ai 12-13°C e quindi, pur essendo perenni, le piante di questa specie sono spesso trattate come annuali nelle zone dove le temperature invernali non permettono la sua sopravvivenza. Gradisce posizioni luminose ma semi-ombreggiate (il sole diretto ne causa il rapido appassimento) e terreni fertili, ricchi di sostanza organica, umidi ma ben drenati. Nelle zone fredde le giovani piantine vanno messe a dimora non prima di metà aprile, per evitare l'azione negativa delle gelate tardive. Le piantine necessitano di annaffiature frequenti e regolari, anche quotidiane durante le settimane più calde e siccitose di luglio ed agosto; durante la stagione vegetativa è bene anche somministrare, a cadenza settimanale, del concime liquido per piante da fiore, ricco di fosforo e potassio. Può essere propagata per seme o per talea, sebbene si sia ormai diffusa l'abitudine di acquistare piantine già pronte ad inizio stagione.
Nel complesso è una pianta di facilissima coltivazione, dalla crescita veloce, poco soggetta all'attacco dei parassiti, che offre un'ottima resa in giardino o nei vasi del terrazzo


i fusti sono decombenti, più o meno ramificati, traslucidi e succulenti, carnosi, talvolta rossastri: su di essi si inseriscono lunghi piccioli portanti foglie ad inserzione alterna (sebbene verso la parte superiore della pianta possano sembrare opposte), di colore verde chiaro, talvolta con riflessi bronzei, lunghe 3-12 centimetri e larghe 2-5, di forma ellittica, con margine seghettato ed apice acuminato. È caratteristica, spesso, la presenza di una goccia di secrezione vischiosa e lucida, che si forma alla base del picciolo






i fiori della specie tipo sono scarlatti, appiattiti, larghi 2-4 centimetri, con 5 petali, e sbocciano all'ascella delle foglie da giugno fino al sopraggiungere dei primi freddi. esistono in commercio numerosissime varietà che si distinguono, oltre che per la taglia, per forma e colore dei fiori. Ai fiori seguono piccole capsule semilegnose, colme di semi semi piriformi, lunghi poco meno di 2 millimetri, che possono essere raccolti e seminati già in febbraio in semenzaio protetto, oppure in maggio direttamente a dimora, ricordando che queste piante sono frutto di numerose ibridazioni, per cui le piante che otterremo da seme potrebbero essere molto diverse dalle piante originarie


Hydrangea macrophylla (Thunb.) Ser. 1830

famiglia: Hydrangeaceae
sinonimi: Hydrangea hortensis, Hydrangea opuloides
nome comune: ortensia comune



ETIMOLOGIA: il nome generico è dato dall'unione dei due termini greci antichi hýdros (acqua) e angéion (vaso), sia per la preferenza della pianta per i luoghi umidi, sia per la forma a capsula svasata dei frutti, che li fa assomigliare a dei piccoli otri per l’acqua. L'attributo specifico macrophylla significa letteralmente 'a grandi foglie'. Il nome comune di ortensia è stato dato a queste piante da Philibert de Commerson, un 'cacciatore di piante' francese che nel 1771 così battezzò alcuni esemplari provenienti dalle Indie Orientali in onore di Hortense Barré Lepante, figlia del principe di Nassau, anch'egli appassionato botanico, che lo aveva accompagnato in una spedizione




l'ortensia è un un arbusto deciduo di medie dimensioni, alto e largo fino a 4 metri, originario dell'Asia orientale, più precisamente della zona che va dall'Himalaya al Giappone, comprendendo Cina e Corea. I primi esemplari di questa specie furono introdotti in Europa alla fine del XVIII° secolo, portati da Sir Joseph Banks in Inghilterra dalla Cina ed erroneamente classificati da Thunberg fra i viburni. Dalla seconda metà dell'800, con l'apertura all'Europa del mercato giapponese, iniziarono ad arrivare molte varietà  ed a partire da queste introduzioni iniziò il lavoro di ibridazione e selezione dei vivaisti europei, che ha portato alla creazione di parecchie centinaia di nuove cultivar, classificate generalmente in base alla forma dell'infiorescenza, che può essere piatta (cultivars cosiddette 'lacecap) o più o meno globosa (cultivars cosiddette 'mophead' od 'Hortensia'). La sottospecie H. macrophylla serrata (detta anche H. serrata oppure H. acuminata) ha minori dimensioni (circa 1,5 metri in altezza e larghezza) e produce infiorescenze appiattite a corimbo rosa od azzurre, larghe fino a 15 centimetri, simili a quelle delle cultivars 'lacecap', con fiori sterili all'esterno e fiori fertili all'interno.
L'ortensia, essendo originariamente una pianta di sottobosco, vive meglio in posizioni semiombreggiate, riparate sia dai venti che dalle gelate tardive, che possono danneggiare i giovani germogli. Se l'umidità atmosferica e quella del terreno sono elevate può però crescere anche in pieno sole. I terreni preferiti sono quelli fertili e freschi, ricchi di sostanza organica, tendenzialmente acidi. Il grado di acidità del terreno e la maggiore o minore presenza di alcuni metalli come ferro ed alluminio condizionano notevolmente la colorazione delle infiorescenze.
Le esigenze idriche dell'ortensia sono piuttosto elevate, tanto da meritarle la reputazione di pianta 'assetata', ma in realtà vi è una stretta correlazione tra l'acqua assorbita dalle piante e la quantità di sole a cui la pianta è esposta, unitamente alla temperatura dell'aria. Le piante poste in posizione più soleggiata e nei climi caldi e secchi, hanno bisogno di irrigazioni abbondanti, che penetrino in profondità nel terreno, senza però che si creino ristagni idrici, che limitando gli scambi gassosi tra il terreno e le radici, provocano fenomeni di asfissia radicale, mentre all'ombra la quantità d'acqua richiesta è notevolmente inferiore.
È consigliabile una concimazione organica a fine inverno, prima che le piante entrino in vegetazione, cercando di interrare il prodotto impiegato con una leggera zappatura, unitamente ad un apporto chimico ad inizio vegetazione, quando il rapido accrescimento della pianta necessita di essere supportato da un adeguato quantitativo di sostanze nutritive: a questo scopo sono molto adatti i concimi chimici a lento rilascio, che hanno un'azione più prolungata nel tempo



il fogliame delle ortensie ha forme e colori molti diversi a seconda delle cultivar: generalmente le foglie sono opposte, ovali, acuminate all'apice, leggermente rugose e grossolanamente dentate al margine, di colore verde tenue con nervature più chiare e piuttosto evidenti








i fiori, che compaiono da giugno a settembre, sono senz'altro la parte più attraente della pianta dell'ortensia e costituiscono indubbiamente il motivo che ne ha determinato la grandissima diffusione nei giardini delle zone temperate di tutto il mondo.  I singoli fiorellini, di per sè abbastanza piccoli, sono riuniti in vistose infiorescenze a corimbo, di forma e colore variabile a seconda della cultivar, nelle quali troviamo la presenza contemporanea di fiori sterili, privi di organi riproduttivi ed aventi funzione vessillare, e di fiori fertili, più centrali, privi di petali ed aventi funzione riproduttiva.
La differenza tra le infiorescenze nelle diverse varietà è data dal variare al loro interno delle proporzioni tra fiori fertili e fiori sterili: le varietà 'mophead', ad infiorescenza globosa, sono quasi esclusivamente composte da fiori sterili, che durano più a lungo in quanto non deputati a trasformarsi in frutti, mentre nelle varietà 'lacecaps' (letteralmente: cuffie di pizzo) abbiamo infiorescenze più appiattite aventi una o due file di fiori sterili all'esterno ed un raggruppamento centrale, più o meno rotondeggiante, di fiori fertili: questi, quando vengono impollinati, cambiano gradualmente fisionomia e colore, trasformandosi in frutti.
Il colore dei fiori, oltre che dall'appartenenza varietale, è fortemente influenzato dal pH del terreno, potendo cambiare, all'interno della stessa varietà, dal blu fino al rosa ed al bianco.
Le cultivar a fiore bianco, sono abbastanza stabili ed al massimo possono assumere leggere sfumature azzurre o rosate al diminuire del pH, mentre le varietà a fiore azzurro, possono sviluppare questa colorazione solo con pH acido, inferiore a 6, che permetta l'assorbimento di grossi quantitativi di alluminio dal terreno (insolubile a pH alcalno). Il fosforo sembra ostacolare questo fenomeno, mentre il potassio lo potenzia. All'aumentare del pH queste varietà virano il colore dei fiori verso sfumature violacee o rossastre, fino al colore rosa. Le varietà a fiore rosso-rosa in ambiente fortemente acido non diventano blu ma intensificano il rosso o tendono al viola. In commercio si trovano prodotti cosiddetti 'azzurranti', a base di solfato di alluminio, da somministrare alle piante in soluzione acquosa a più riprese durante la stagione vegetativa

ATTENZIONE!!! I fiori e le foglie dell'ortensia contengono glicosidi cianogenici e sono tossici se ingeriti, provocando sintomi come depressione, tachicardia, aumento della temperatura corporea, vomito e diarrea. In caso di intossicazione è sconsigliato provocare il vomito ma occorre portare la persona al Pronto Soccorso o al più vicino centro antiveleni