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Kalanchoe pumila Baker 1883



famiglia: Crassulaceae
nome comune: calancola nana, calancola pumila



ETIMOLOGIA:   il nome generico è derivato dal termine cinese calankoé, con cui erano denominate in Cina alcune piante di questo genere. L'epiteto specifico proviene dall'aggettivo latino pumilus -a -um (nano) per le ridotte dimensioni della pianta 





la calancola nana è una pianta succulenta sempreverde, dagli steli erbacei, alta fino a 20 centimetri e larga fino a 40-50, originaria del Madagascar, dove vive sulle montagne, in suoli sassosi. Ha portamento prostrato o semi-prostrato, quindi è assai adatta ad essere coltivata in panieri appesi. Predilige posizioni luminose ma parzialmente ombreggiate e necessita di essere riparata in serra fredda in inverno, potendo vivere senza danni all'aperto in un habitat simile a quello degli agrumi, con temperature minime che non scendono sotto lo zero.
Il terriccio di coltivazione deve essere permeabile e sciolto, molto ben drenato. Le annaffiature possono essere abbondanti in estate ma vanno assolutamente sospese dall'autunno alla primavera, per favorire l'entrata in riposo della pianta.
Ogni qualche anno gli esemplari troppo grandi possono essere rinnovati recidendo gli steli più vecchi subito dopo la fioritura. Se coltivata all'aperto, qualora ciò sia possibile, si comporta ottimamente da pianta tappezzante, riempiendo il terreno sotto gli arbusti fioriferi o tra i bulbi primaverili, oppure può essere piantata in giardini rocciosi di grandi dimensioni.
La riproduzione di questa pianta è molto semplice e si può effettuare da maggio ad agosto piantando talee in un miscuglio di sabbia e torba, annaffiando solo a radicazione avvenuta


le foglie sono carnose, di colore blu-grigiastro talvolta con sfumature rosa, ricoperte da un sottile strato ceroso, così come i fusti erbacei. La lamina è spatolata, con grossi denti arrotondati all'apice



i fiori sbocciano da gennaio-febbraio fino ad aprile e sono tubulosi, riuniti in infiorescenze cimose anch'esse ricoperte da uno strato ceroso, lunghi 2-3 centimetri, con 4 petali arricciati verso il basso, di colore rosa chiaro solcati da venature longitudinali più scure e stami dalle antere gialle molto ben evidenti



ATTENZIONE: come avviene per le altre piante appartenenti a questo genere, tutte le parti di questa pianta sono tossiche per ingestione, in quanto contengono alcune sostanze che possono produrre irritazione gastrointestinale ed altre, glucosidi cardioattivi, che sono nocive per il cuore, potendo causare gravi alterazioni alla frequenza ed al ritmo cardiaco. In presenza di bambini piccoli ed animali domestici è quindi opportuno riporre le piante al di fuori della loro portata


Zantedeschia rehmannii Engl. 1883



famiglia: Araceae
sinonimi: Arum rehmannii, Richardia rehmannii
nome comune: calla rosa



ETIMOLOGIA: il vecchio nome di calla fu dato da Linneo che lo coniò dal termine greco kalòs (bello). Il nuovo nome generico fu dato da Sprengel nel 1826 in onore di Giovanni Zantedeschi (1773-1846), botanico veronese, autore di opere descrittive della flora del bresciano e del bergamasco.  L'attributo specifico rehmannii (di Rehmann) è stato dato per ricordare Anton Rehmann (1840-1917), botanico, geologo ed esploratore austriaco che tra il 1875 ed il 1877 visitò l'Africa del sud catalogando oltre 9000 specie di piante










la calla rosa è una pianta erbacea perenne decidua, delicata, alta fino a 50-60 centimetri, originaria di Transvaal e Swaziland, nell'Africa meridionale, ma con areale assai più diffuso. È una specie sensibile al freddo, che teme temperature inferiori ai +10-15°C, da coltivare quindi in appartamento od in serra nei climi in cui vi sono periodi freddi, oppure come pianta annuale.
Presenta foglie lanceolate, strette, lunghe 25-30 centimetri, di colore verde, talvolta con macchie bianche o argentate ed infiorescenze lunghe 10-13 centimetri, con un corto spadice bianco crema ed una spata imbutiforme, di colore variabile dal rosa pallido al rosso vino, più chiara inferiormente, che compaiono da aprile a giugno.
 In Nuova Zelanda sono stati creati nuovi ibridi dal portamento compatto e dalle dimensioni ridotte (30-45 centimetri), molto adatti alla coltivazione in appartamento. Presentano fiori di colore variabile dal rosa al rosso, dall’arancio al giallo, dal porpora al marrone



ATTENZIONE: tutte le parti della pianta (in particolare le foglie) sono tossiche per l'uomo e per gli animali domestici, in quanto contengono notevoli quantità di rafidi e di ossalati di calcio, che provocano irritazioni alla pelle ed alle mucose per contatto, mentre se ingerite causano sintomi come dolori addominali, vomito e diarrea. Occorre lavarsi molto bene le mani e tutte le parti che entrano a contatto con la pianta, usando liquidi freddi ed emollienti

Ricinus communis L. 1753



famiglia: Euphorbiaceae
sinonimi: Ricinus sanguineus
nome comune: ricino




ETIMOLOGIA:  il nome generico è derivato dal termine latino ricinus (zecca), per l'aspetto del frutto e per il fatto che si attacca agli abiti. L'attributo specifico latino communis è riferito alla grande diffusione della pianta






il ricino è una pianta erbacea o suffruticosa, annuale o perenne a seconda della zona di coltivazione, sensibile al freddo, originaria delle zone tropicali dell'Africa e dell'India, ma ormai diffusa e coltivata in tutto il mondo. Da alcuni antichi documenti risulta che il primo addomesticamento avvenne in Asia sud-occidentale intorno al IV° secolo a.C. mentre l'introduzione in Europa si deve agli antichi romani. In America meridionale ed in Asia è ampiamente coltivato per la produzione di olio, di cui sono ricchi i semi e che trova impiego principalmente come lubrificante e nell'industria farmaceutica. Nei giardini dei climi temperati viene comunemente coltivata come annuale, per via degli accesi colori delle foglie e delle bacche contenenti i semi, in particolare nelle varietà ornamentali: si semina in aprile, quando la temperatura arriva a 20 °C, immergendo i semi nell'acqua per 24 ore prima di interrarli. Le piantine si fanno irrobustire prima di metterle a dimora, nel mese di maggio.
La crescita e l'habitus della pianta possono variare notevolmente a seconda delle condizioni climatiche: nelle zone climatiche più favorevoli è perenne e può raggiungere i 5-10 metri di altezza, assumendo la forma di un piccolo alberello, mentre nelle zone dove viene coltivata come annuale si ferma solitamente a circa metro e mezzo. Per crescere bene ha infatti bisogno di climi caldi e temperature elevate, posizioni soleggiate e terreni sciolti e ben drenati, ricchi di sostanza organica, azoto e potassio. Sebbene viva solitamente in zone a clima arido, è una pianta avida di acqua, che si avvantaggia notevolmente dagli interventi irrigui



l'apparato radicale è dato da un grosso fittone che si approfondisce notevolmente, con poche radici laterali e superficiali. I fusti, eretti e cavi internamente, sono di colore verde o porpora




le foglie del ricino sono molto grandi, caduche, larghe fino a 30 centimetri, alterne, di colore variabile dal verde al porpora, palmato-lobate, con 5-11 lobi dal margine seghettato e l'apice acuminato. Talvolta presentano nervature color rosso cupo



i fiori sono insignificanti e sono raggruppati a grappoli in un'infiorescenza sulla cui parte basale sono collocati quelli maschili mentre i fiori femminili si trovano nella parte alta. La fioritura avviene in estate






i frutti consistono in capsule spinose, costituite da tre valve, che a maturazione si aprono liberando tre semi di circa un centimetro di diametro. I semi sono ricchi di un olio che deve le sue proprietà purgative alla presenza dell’acido ricinoleico





 
USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: sebbene tutta la pianta del ricino sia tossica, si tratta di una specie conosciuta in fitoterapia sin dai tempi più remoti: tuttavia il suo impiego è regolato oggi da norme ben precise, data la pericolosità dei componenti in essa contenuti. In particolare viene usato l'olio che si ricava dai semi, conosciuto comunemente come 'olio di ricino', che contiene notevoli quantità di acido ricinoleico, una sostanza grassa che può provocare potenti alterazioni ed irritazioni della mucosa intestinale, con fenomeni di dissenteria e conseguente perdita di liquidi ed elettroliti. In caso di forte stitichezza può però essere impiegato per la regolarizzazione del traffico intestinale, naturalmente sotto il controllo del medico ed evitando la commistione con altri medicinali. L’olio di ricino può inoltre essere adoperato come base per prodotti specifici di varia natura, dalla cura della pelle alla cura dei capelli.
 
Attenzione!! Questi non sono consigli medici!! Usate eventuali prodotti con cautela e solo secondo le prescrizioni del medico o dell’erborista


Pancratium maritimum L. 1753



famiglia: Amaryllidaceae
sinonimi: Pancratium angustifolium
nomi comuni: giglio di mare, pancrazio, narciso marino




ETIMOLOGIA: il nome generico proviene dall'unione dei termini greci pan (tutto) e krátos (forza), per le presunte virtù terapeutiche della pianta. L'attributo specifico latino maritimum (marino) si riferisce all'habitat naturale della specie







il giglio marino è una pianta erbacea bulbosa alta fino a 50 centimetri che cresce spontanea negli arenili e nelle dune costiere italiane e mediterranee sud-occidentali, sulle rive del Mar Morto, nonché sulle coste atlantiche del Portogallo e sulla costa meridionale del Mar Nero, che può anche essere coltivata nei giardini, in particolare quelli vicino al mare. In Italia la si può trovare allo stato selvatico nelle dune e nelle spiagge tirreniche (in Liguria e dalla Toscana in giù), in quelle adriatiche (Molise e Puglia), ioniche ed in quelle delle due isole maggiori (particolarmente diffuso in Sardegna, assieme al P. illyricum). Purtroppo questo fiore, così come altre piante 'psammofile' (tipiche delle sabbie ad altra concentrazione di salsedine), sta diventando ormai sempre più raro a causa dell'antropizzazione dei litorali, che provoca una  progressiva scomparsa delle dune sabbiose che costituiscono la sua dimora prediletta. Per questo motivo in molte zone è considerato specie protetta ed è assolutamente proibito raccogliere le piantine oppure asportarne i fiori od i bulbi.
Nei giardini cresce facilmente a patto di fornirgli posizioni riparate, estremamente calde e soleggiate e terreni molto sciolti, quasi sabbiosi, assai ben drenati. Tollera periodi anche molto prolungati di siccità e per arrivare alla fioritura esige estati molto calde, tendendo a ridurre la produzione di fiori nei climi più freschi. In inverno sopravvive a temperature fino a -5°C: la parte aerea scompare e dissecca, mentre il bulbo, allungato e largo circa 5-6 centimetri, rimane quiescente sotto la sabbia.
Durante la crescita le annaffiature devono essere regolari fino alla fioritura, poi quando le foglie cominciano ad appassire, occorre sospenderle completamente. Alla fine dell'estate, quando le foglie si sono seccate completamente, le piante possono essere propagate: si dividono i bulbilli e si ripiantano in vasetti di 8-10 centimetri di diametro, rinvasandole ogni anno fino a quando sono in grado di fiorire, quindi si mettono a dimora. Le piante adulte non amano il trapianto e, nel caso questo fosse necessario, è assai importante non rovinarne radici carnose


i bulbi, simili a quelli dei narcisi, sono relativamente grandi, frequentemente hanno un collo lungo, e sono coperti di catafilli cartacei di colore marrone chiaro. Il fusto è dato dallo scapo fiorale, robusto e compresso, terminante con una 'spata' a due valve che avvolge la base dei tubi fiorali. Le foglie sono basali, nastriformi, larghe 1-2 centimetri e lunghe fino a 60, spesso ripiegate longitudinalmente a doccia o ritorte a spirale, di colore verde-grigio, presenti in numero di 5-6 per ogni bulbo



i fiori, simili a quelli del narciso, sono profumati, di colore bianco puro e, come in tutte le bulbose, non hanno un calice ed una corolla distinti tra loro (perianzio composto di sepali e petali) ma un perigonio formato da 6 tepali petaloidei concresciuti per due terzi della loro lunghezza a formare un tubo fiorale lungo 5-8 centimetri, stretto e di colore verde. Nel terzo superiore si allargano ad imbuto in sei lacinie lineari bianche, concresciute fino a metà e con una costolatura verde. Come nei narcisi è presente una 'paracorolla', formata da 6 lobi biforcati all'apice, che danno origine a 12 denti triangolari. Contrariamente al narciso gli stami non partono dal fondo della corolla: infatti alla sommità dei lobi troviamo inseriti 6 stami molto evidenti, che escono dalla paracorolla mostrando una antera arcuata di colore giallastro.
I fiori del pancrazio compaiono da luglio a settembre e sono riuniti in ombrelle aventi ciascuna da 3 a 10 elementi. Il loro profumo è particolarmente percettibile nelle ore serali e notturne, in assenza di vento.
L'impollinazione avviene tramite un lepidottero sfingide chiamato Agrius convolvoli, che curiosamente riesce a visitare il fiore solo quando la velocità del vento è inferiore ai 2 metri al secondo


da ogni fiore dell'infiorescenza prende origine un frutto, cosicchè troviamo alla sommità del vecchio scapo fiorale un gruppo di capsule obovoidali e triloculari di 2-3 cm di lunghezza, ognuna delle quali contiene numerosi semi neri


PROPRIETA' OFFICINALI: la medicina tradizionale in Africa ed in Asia  sfrutta le proprietà curative del giglio di mare, proprietà che erano già note in Europa fin dall'antichità: tuttavia la pianta è da considerarsi potenzialmente velenosa per ingestione in quanto contiene alcaloidi tossici molto potenti, in particolare pancratistatinatazzetina, con proprietà allucinogene e cardiotossiche 
In caso di intossicazione non indurre il vomito ma, anche in assenza di sintomi, portare la persona intossicata al più vicino Pronto Soccorso e contattare un centro antiveleni.



Leucojum vernum L. 1753



famiglia: Amaryllidaceae
sinonimi: Leucojum vernum var. biflorum  Erinosma verna
nome comune: campanellino, falso bucaneve




ETIMOLOGIA: il nome generico deriva dall'unione dei termini greci leukós (bianco) e íon (viola, violetta), per i fiori bianchi, talvolta profumati di violetta. L'attributo specifico latino vernum  sta ad indicare il periodo di fioritura primaverile della pianta







il campanellino è una pianta erbacea perenne, bulbosa, rustica e resistente, alta fino a 40 centimetri, originaria dell'Europa meridionale, dai Pirenei fino alla Romania ed alla Russia sud-occidentale, ma naturalizzata ad opera dell'uomo in gran parte delle zone temperate dell'emisfero boreale. In Italia cresce allo stato spontaneo prevalentemente nelle regioni del Nord, ma la si può trovare sporadicamente anche nell'Appennino settentrionale, sulle Alpi Apuane e nelle Marche. Presenta una distribuzione discontinua, a macchia di leopardo (anche se alcune colonie sono molto ricche) e soprattutto con areali in continua contrazione, specialmente nelle aree pianeggianti, dove i siti di crescita sono sotto la continua minaccia legata all'antropizzazione del territorio. Si può facilmente confonderlo col bucaneve (Galanthus nivalis) ma è più alto e robusto, con una fioritura leggermente ritardata e più duratura.
È specie debolmente sciafila, che predilige vivere in luoghi umidi e semi-ombreggiati come i boschi radi di latifoglie, ma possiamo rinvenirla anche in prati umidi o sulle rive di fossi e canali, fino ad un'altitudine di 1500 metri. Il terreno preferito è quello pesante, umido e ricco di sostanza organica.
Le piante di questa specie sono coltivate nei giardini europei da tempo remoto (secondo alcuni scritti già dal XVI° secolo), con l'impiego principale nella formazione di giardini rocciosi, nei muri fioriti, in bordure o macchie sotto alberi ed arbusti. Generalmente la moltiplicazione avviene in autunno, mediante la separazione dei bulbilli e la loro immediata piantagione. I bulbi vanno posti ad una profondità di circa 10 centimetri, distanti altrettanto tra loro



il bulbo ha forma sub-sferica (12-30 millimetri di diametro) ed è avvolto da tuniche di colore biancastro: da esso si sviluppano foglie basali ed amplessicauli, glabre, piatte e nastriformi, dall'apice arrotondato, carnose e lunghe poco meno del fusto e del fiore (la lunghezza è di 10 centimetri e la larghezza da 5 a 12 millimetri). La lamina fogliare, di colore verde scuro e lucida sulla pagina superiore, presenta evidenti nervature disposte parallelamente al suo asse longitudinale




i fiori sono singoli, lunghi e larghi circa 2 centimetri, penduli, campanulati e delicatamente profumati, portati su scapi verdi con la sommità spatiforme ed ingrossata. Come in tutte le bulbose, non hanno un calice ed una corolla distinti tra loro (perianzio composto di sepali e petali) ma un perigonio formato da 6 tepali petaloidei non saldati tra loro, dall'apice ristretto ed arrotondato, disposti in due serie concentriche (3 interni e 3 esterni) a formare una campanella di colore bianco puro con una macchia di colore giallo-verdastro all'apice di ciascun elemento. L'androceo è formato da 6 stami bianchi con antere gialle, più lunghe del filamento, alla cui sommità sono inserite lungo un asse longitudinale. Il gineceo è un pistillo con stilo bianco ingrossato ed a forma di clava, alla cui sommità è inserito uno stigma verdastro. La fioritura è da febbraio ad aprile, secondo l'altitudine e l'esposizione al sole del terreno. Un elemento importante per la precoce fioritura della pianta è la fine dell'innevamento nelle varie aree montane. In genere fioriscono un paio di settimane dopo i bucaneve. Al termine della fioritura si forma un frutto a forma di capsula che ricorda una pera in miniatura


ATTENZIONE: come tutte le amarillidacee, questa pianta è velenosa per ingestione, in quanto contiene nelle radici e nelle foglie, ma soprattutto nei bulbi, alcaloidi tossici come galantamina e lycorina, che possono provocare vomito, capogiri, brividi, ma anche avvelenamenti piuttosto gravi. È da evitare quindi l'uso domestico sia in cucina che come farmacia popolare




Kalanchoe blossfeldiana Poelln. 1934




famiglia: Crassulaceae
sinonimi: Kalanchoe globulifera var. coccinea
nome comune: calancola




ETIMOLOGIA: il nome generico è derivato dal termine cinese calankoé, con cui sono denominate alcune piante di questo genere. L'attributo specifico ricorda il botanico tedesco Robert Blossfeld, ibridatore di piante che per primo introdusse questa specie in Europa nel 1932 e la mise in coltura








la calancola è una pianta perenne succulenta, alta fino a 30 centimetri, originaria ed endemica del Madagascar, a portamento cespitoso ed eretto, molto diffusa come pianta d'appartamento grazie alle sue splendide fioriture e alla facilità di coltivazione. Le piante si coltivano in un terriccio molto ben drenato, ricco di sabbia e ghiaia, possono essere esposte tranquillamente in pieno sole e non necessitano di irrigazioni frequenti. Durante il periodo estivo si consiglia di portarle all’aperto e di aumentare le annaffiature per favorire la vegetazione. Nel periodo invernale le irrigazioni si diradano, giusto a mantenere il terriccio leggermente umido, mentre è importante che la temperatura non scenda al disotto dei 5-7°C.
Esistono in commercio innumerevoli ibridi derivati da questa specie, dalle caratteristiche molto varie, che possono crescere anche più della specie tipo e che producono fiori di svariate sfumature e colori diversi



le foglie sono carnose e succulente, ellittiche o quasi di forma triangolare, opposte ma quasi appressate tra loro, lucide, glabre e di consistenza cerosa, di colore verde scuro, con margini rossastri leggermente dentati




 i piccoli fiori (fino a 1,5 centimetri) hanno una corolla tubuliforme che apicalmente si apre in 4 petali e sono riuniti in cime corimbose portati da dei lunghi scapi fiorali eretti privi di foglie. La specie tipo ha fiori rossi, ma le diverse varietà portano fiori arancio, rosa, violetto, giallo, bianco, anche con corolla doppia. La fioritura avviene soprattutto da febbraio a maggio, ma appaiono fiori anche negli altri periodi dell'anno


ATTENZIONE: come avviene per le altre piante appartenenti a questo genere, tutte le parti di questa pianta sono tossiche per ingestione, in quanto contengono alcune sostanze che possono produrre irritazione gastrointestinale ed altre, glucosidi cardioattivi, che sono nocive per il cuore, potendo causare gravi alterazioni alla frequenza ed al ritmo cardiaco. In presenza di bambini piccoli ed animali domestici è quindi opportuno riporre le piante al di fuori della loro portata




Isotoma fluviatilis (R.Br.) F.Muell.




famiglia: Campanulaceae
nome comune: isotoma




ETIMOLOGIA: il nome generico è dato dall'unione dei due termini greci ísos (uguale) e tomé (taglio), per il taglio molto netto che suddivide in modo uguale i 5 lobi della corolla. L'attributo specifico latino fluviatilis (dei fiumi) è riferito all'habitat preferito da questa pianta






l'isotoma è una pianta erbacea perenne a portamento strisciante, originaria dell'Australia e della Nuova Zelanda, che raggiunge un'altezza massima di 2-3 centimetri e che si allarga fino ad un metro. È una pianta apparentemente delicata, ma invece è robusta, facile da crescere ed estremamente versatile: per le sue caratteristiche può trovare impiego come tappezzante (6-7 piante a metro quadro), nei primi piani delle bordure erbacee, per riempire le fessure tra i lastricati e come pianta sostitutiva dell'erba in piccole zone di prato (resiste abbastanza bene al calpestìo), nel giardino roccioso ed in quello alpino, in vasi e fioriere. Sopporta bene le basse temperature (è rustica fino a -10°C) e vive meglio in posizioni semi-ombreggiate (pur tollerando il pieno sole, specialmente nei climi meno caldi). Preferisce terreni umidi ma ben drenati, ma si adatta egregiamente (una volta stabilizzatasi) anche ai terreni asciutti. I rami striscianti presentano una gran massa di foglie persistenti, piccole (circa un centimetro di larghezza), ovaleggianti e leggermente dentate, dalla quale si ergono fiorellini stellati di colore azzurro-violetto, che sbocciano in continuazione da maggio fino all'arrivo dei primi geli







ATTENZIONE: tutte le parti della pianta sono tossiche per ingestione



Gypsophila repens L. 1753




famiglia: Caryophyllaceae
sinonimi: Gyps. prostrata  Gyps. alpestris Saponaria diffusa
nomi comuni: gissofila, gipsofila strisciante





ETIMOLOGIA:  il nome generico proviene dai termini greci gýpsos (gesso, roccia) e filéo (amo) per il fatto che questa specie predilige vivere sulle rocce, in particolare su quelle gessose e calcaree. L'attributo specifico è l'aggettivo latino rēpens  -éntis  (strisciante) è riferito al portamento della pianta







la gipsofila strisciante è una pianta erbacea perenne o suffruticosa, di modeste dimensioni, originaria delle zone montagnose dell’Europa meridionale e dell'Italia, dove però è considerata rara. Cresce spontanea sulle Alpi, sulle Alpi Apuane e sull’Appennino Marchigiano, nei luoghi sassosi e sui detriti, nelle ghiaie e nei terreni franosi, nelle praterie rase e rocciose, su terreno calcareo, fino ai 2700 metri di altitudine. la si può ritrovare sporadicamente anche in zone pianeggianti, lungo gli alvei dei fiumi.
Forma densi cuscini alti da 10 a 25 centimetri, con fusti legnosi striscianti e rami ascendenti erbacei eretti: le parti erbacee seccano ogni anno in inverno e rimane in vita la parte legnosa.
Per il portamento strisciante e per le scarse esigenze nutritive la gipsofila è una pianta estremamente adatta per il giardino roccioso e per la decorazione di muretti a secco



la pianta è glabra, con fusticini ascendenti ai cui nodi si inseriscono foglie lineari-lanceolate, opposte, sessili, di colore grigio-verde, semigrasse, con superficie liscia, lunghe fino a 3 centimetri





i fiori, riuniti in infiorescenze a corimbo, sono ermafroditi, attinomorfi, pentameri, dialipetali calice campanulato e membranaceo, con striatura verde sui nervi. I petali sono obcuneato-retusi (3 x 9 millimetri), rosei con linee longitudinali violette. Hanno la peculiarità di diventare biancastri in giornate assolate, mentre accentuano la colorazione rosa nelle giornate nuvolose.
La fioritura è da giugno a settembre. La specie tipo ha fiori bianco-rosati, mentre esistono in commercio due varietà, la Gypsophila repens 'Alba', dai fiori color bianco puro, e la Gypsophila repens 'Rosea' (alla quale si riferiscono le fotografie), coi fiori dai petali aventi varie sfumature di rosa


ATTENZIONE: tutte le parti della pianta sono tossiche per ingestione