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Kalanchoe pumila Baker 1883



famiglia: Crassulaceae
nome comune: calancola nana, calancola pumila



ETIMOLOGIA:   il nome generico è derivato dal termine cinese calankoé, con cui erano denominate in Cina alcune piante di questo genere. L'epiteto specifico proviene dall'aggettivo latino pumilus -a -um (nano) per le ridotte dimensioni della pianta 





la calancola nana è una pianta succulenta sempreverde, dagli steli erbacei, alta fino a 20 centimetri e larga fino a 40-50, originaria del Madagascar, dove vive sulle montagne, in suoli sassosi. Ha portamento prostrato o semi-prostrato, quindi è assai adatta ad essere coltivata in panieri appesi. Predilige posizioni luminose ma parzialmente ombreggiate e necessita di essere riparata in serra fredda in inverno, potendo vivere senza danni all'aperto in un habitat simile a quello degli agrumi, con temperature minime che non scendono sotto lo zero.
Il terriccio di coltivazione deve essere permeabile e sciolto, molto ben drenato. Le annaffiature possono essere abbondanti in estate ma vanno assolutamente sospese dall'autunno alla primavera, per favorire l'entrata in riposo della pianta.
Ogni qualche anno gli esemplari troppo grandi possono essere rinnovati recidendo gli steli più vecchi subito dopo la fioritura. Se coltivata all'aperto, qualora ciò sia possibile, si comporta ottimamente da pianta tappezzante, riempiendo il terreno sotto gli arbusti fioriferi o tra i bulbi primaverili, oppure può essere piantata in giardini rocciosi di grandi dimensioni.
La riproduzione di questa pianta è molto semplice e si può effettuare da maggio ad agosto piantando talee in un miscuglio di sabbia e torba, annaffiando solo a radicazione avvenuta


le foglie sono carnose, di colore blu-grigiastro talvolta con sfumature rosa, ricoperte da un sottile strato ceroso, così come i fusti erbacei. La lamina è spatolata, con grossi denti arrotondati all'apice



i fiori sbocciano da gennaio-febbraio fino ad aprile e sono tubulosi, riuniti in infiorescenze cimose anch'esse ricoperte da uno strato ceroso, lunghi 2-3 centimetri, con 4 petali arricciati verso il basso, di colore rosa chiaro solcati da venature longitudinali più scure e stami dalle antere gialle molto ben evidenti



ATTENZIONE: come avviene per le altre piante appartenenti a questo genere, tutte le parti di questa pianta sono tossiche per ingestione, in quanto contengono alcune sostanze che possono produrre irritazione gastrointestinale ed altre, glucosidi cardioattivi, che sono nocive per il cuore, potendo causare gravi alterazioni alla frequenza ed al ritmo cardiaco. In presenza di bambini piccoli ed animali domestici è quindi opportuno riporre le piante al di fuori della loro portata


Echinocactus grusonii Hildm. 1891




famiglia: Cactaceae
nome comune: cuscino della suocera, palla d'oro, grusone




ETIMOLOGIA:   il nome del genere è coniato dai termini greci echínos (riccio, porcospino) e káktos (cacto, pianta spinosa), a significare la somiglianza di questa pianta ad un riccio. L'epiteto specifico ricorda Hermann Jacques Gruson (1821-1895), inventore ed imprenditore tedesco di origine francese







il 'cuscino della suocera' è un cactus di forma globosa, dalla crescita molto lenta, originario delle regioni desertiche centrali del Messico, dove in condizioni favorevoli può raggiungere a maturità i 90-100 centimetri di diametro: nei nostri climi arriva dopo molti anni di coltivazione in vaso ai 40-50 centimetri. È una specie xerofila, estremamente adattata a sopravvivere in climi dove vi è una minima disponibilità idrica: infatti il fusto, sferico (per offrire la minor superficie traspirante possibile) e costoluto, è verde e svolge la funzione clorofilliana, mentre le foglie sono trasformate in spine, proprio per evitare dispersione d'acqua per traspirazione.
È una tra le piante grasse più amate e diffuse tra gli amanti del giardinaggio. In appartamento le piante vanno collocate in posizioni molto luminose e fresche, anche non riscaldate (sopporta le temperature vicino a 0°C), evitando di annaffiarle in inverno per favorire l'insorgenza di un periodo di riposo, mentre in estate si portano all'aperto collocandole in pieno sole ed annaffiandole abbondantemente, evitando però sempre il ristagno idrico. Il terriccio deve essere sciolto e ben drenato, povero di sostanza organica (1 parte di humus e 4 di sabbia o pomice). Il vaso deve essere delle giuste dimensioni, cioè la pianta grassa deve essere, come si dice in gergo, 'stretta di vaso' per favorire una crescita armoniosa evitando che si accresca soltanto il suo apparato radicale





le costolature (20-25), rilevate e disposte in maniera radiale in tutto il fusto, sono punteggiate da areole ricoperte da una peluria giallastra, da 8-10 spine radiali e 3-5 spine centrali. Le spine sono sempre di color giallo oro o bianche e ricoprono quasi completamente la pianta, preservandola anche dal morso degli animali


i fiori, che compaiono in marzo-aprile sulla sommità lanuginosa del fusto, sono imbutiformi, solitamente di colore giallo, e possono raggiungere una lunghezza di 5-7 centimetri. La fioritura avviene a partire circa dal trentesimo anno d'età della pianta, quando le dimensioni sono di circa 30-35 centimetri


Kalanchoe blossfeldiana Poelln. 1934




famiglia: Crassulaceae
sinonimi: Kalanchoe globulifera var. coccinea
nome comune: calancola




ETIMOLOGIA: il nome generico è derivato dal termine cinese calankoé, con cui sono denominate alcune piante di questo genere. L'attributo specifico ricorda il botanico tedesco Robert Blossfeld, ibridatore di piante che per primo introdusse questa specie in Europa nel 1932 e la mise in coltura








la calancola è una pianta perenne succulenta, alta fino a 30 centimetri, originaria ed endemica del Madagascar, a portamento cespitoso ed eretto, molto diffusa come pianta d'appartamento grazie alle sue splendide fioriture e alla facilità di coltivazione. Le piante si coltivano in un terriccio molto ben drenato, ricco di sabbia e ghiaia, possono essere esposte tranquillamente in pieno sole e non necessitano di irrigazioni frequenti. Durante il periodo estivo si consiglia di portarle all’aperto e di aumentare le annaffiature per favorire la vegetazione. Nel periodo invernale le irrigazioni si diradano, giusto a mantenere il terriccio leggermente umido, mentre è importante che la temperatura non scenda al disotto dei 5-7°C.
Esistono in commercio innumerevoli ibridi derivati da questa specie, dalle caratteristiche molto varie, che possono crescere anche più della specie tipo e che producono fiori di svariate sfumature e colori diversi



le foglie sono carnose e succulente, ellittiche o quasi di forma triangolare, opposte ma quasi appressate tra loro, lucide, glabre e di consistenza cerosa, di colore verde scuro, con margini rossastri leggermente dentati




 i piccoli fiori (fino a 1,5 centimetri) hanno una corolla tubuliforme che apicalmente si apre in 4 petali e sono riuniti in cime corimbose portati da dei lunghi scapi fiorali eretti privi di foglie. La specie tipo ha fiori rossi, ma le diverse varietà portano fiori arancio, rosa, violetto, giallo, bianco, anche con corolla doppia. La fioritura avviene soprattutto da febbraio a maggio, ma appaiono fiori anche negli altri periodi dell'anno


ATTENZIONE: come avviene per le altre piante appartenenti a questo genere, tutte le parti di questa pianta sono tossiche per ingestione, in quanto contengono alcune sostanze che possono produrre irritazione gastrointestinale ed altre, glucosidi cardioattivi, che sono nocive per il cuore, potendo causare gravi alterazioni alla frequenza ed al ritmo cardiaco. In presenza di bambini piccoli ed animali domestici è quindi opportuno riporre le piante al di fuori della loro portata




Haworthia fasciata (Willd.) Haw. 1821



famiglia: Liliaceae
nome comune: hawortia




ETIMOLOGIA: il nome generico è in onore di A. Hardy Haworth (1772-1833), un botanico inglese specializzato nelle piante succulente ed autore di pubblicazioni sinottiche sulle diverse specie. L'attributo specifico fasciata è riferito alle striature presenti nelle foglie







Haworthia fasciata è una piccola pianta succulenta originaria del Sudafrica, cespitosa, con una rosetta basale di foglie lunghe fino a 10 centimetri e larghe fino a 3 centimetri alla base, che si espande in larghezza formando nuove rosette da corti stoloni che si formano intorno alla rosetta principale.
È specie delicata, che soccombe a temperature inferiori a +6°C, per cui in inverno deve essere posta in posizione luminosa e fresca, dove però la temperatura non scenda mai sotto questo limite. La temperatura ideale nel periodo invernale è intorno ai +10°C, che permette alla pianta di entrare in una fase di riposo in cui cessa la sua crescita e durante la quale le annaffiature dovranno essere drasticamente ridotte (una volta al mese è sufficiente, giusto per evitare che il terriccio si essicchi completamente). Durante la fase vegetativa (da aprile alla fine di novembre con una interruzione in estate, quando le temperature sono molto elevate) gradisce posizioni luminose ma ombreggiate, al riparo dall'incidenza diretta dei raggi solari e terreni molto sciolti ed assolutamente ben drenati, ricchi di sabbia grossolana e di ghiaia, preferibilmente poveri di sostanza organica. Tra un'annaffiatura e l'altra occorre aspettare che il terriccio sia ben asciutto, per evitare l'insorgere di marciumi radicali dovuti alla troppa umidità.
La pianta può essere riprodotta staccando in primavera i nuovi stoloni che si formano alla base e trapiantandoli in vasetti, premurandosi di annaffiate solo quando la nuova piantina mostra i primi segni di crescita





le foglie, disposte a raggiera in una rosetta basale, sono triangolari, di colore verde scuro, con l'apice appuntito ed eretto ed evidenti striature bianche lucide, rilevate, trasversali rispetto all'asse longitudinale della foglia stessa. La pianta fiorisce a maggio, su steli lunghi circa 30 centimetri che spuntano al centro della rosetta, che portano piccoli fiori campanulati, bianco-rosati, venati di marrone, riuniti in radi racemi




Jatropha multifida L. 1753

famiglia: Euphorbiaceae
sinonimo: Adenoropium multifidum
nome comune: pianta corallo

ETIMOLOGIA: il nome generico deriva dall'unione dei due termini greci iatría (medicina) e trofé (alimento), per le radici di alcune specie, ricche di fecola. L'attributo specifico latino multifida (divisa molte volte) sta ad indicare la fine suddivisione delle foglie di questa specie, laciniate lungo le nervature



la pianta corallo è una specie arbustiva caudiciforme e succulenta, originaria delle zone tropicali subtropicali centroamericane (in particolare il Guatemala), coltivata alle nostre latitudini come pianta da serra o da appartamento. In natura può svilupparsi fino ad un'altezza di 3 metri, ma in vaso rimane generalmente sui 50-60 centimetri, superando raramente il metro. Predilige terreni sciolti, freschi, profondi e ben drenati. Per riuscire a fiorire necessita di almeno 2-3 ore giornaliere di insolazione diretta, ma può sopravvivere anche in esposizioni semi-ombreggiate. In ogni caso la temperatura minima non deve scendere al di sotto dei 15°C, per cui in Italia può essere coltivata all'aperto solo nelle zone costiere delle regioni meridionali, riparata dai venti freddi nella stagione invernale. Le annaffiature dovranno essere regolari durante la stagione vegetativa, con concimazioni a cadenza quindicinale con concimi liquidi, evitando accuratamente i ristagni idrici, che causerebbero marciumi radicali e del colletto



la pianta ha un singolo tronco, semilegnoso e succulento, con la corteccia color marrone chiaro striata di verde, che col tempo tende ad allargarsi alla base e formare un 'caudice', il fusto a forma di bottiglia tipico di alcune piante tropicali ed avente funzione di serbatoio per l'immagazzinamento dell'acqua. Nella parte apicale del fusto si forma un discreto numero di ramificazioni, a creare una chioma abbastanza ampia. Le foglie, alterne e portate da piccioli lunghi e flessibili, arcuati, sono molto grandi, larghe oltre 30 centimetri, palmate, di colore verde scuro sopra e molto più chiare sotto, con 7-11 lobi profondamente incisi, a loro volta finemente dissetti in segmenti lungo le nervature di colore più chiaro



i fiori, che in condizioni ottimali di crescita possono comparire in qualunque periodo dell'anno, sono riuniti in infiorescenze ombrelliformi portate da lunghi peduncoli che le ergono al di sopra del fogliame. I singoli fiorellini, piccoli, di colore rosso corallo-arancio, hanno petali carnosi e stami giallastri


sulle infiorescenze possono formarsi frutti verdastri e coriacei, che portano al loro interno alcuni semi di colore bruno scuro

ATTENZIONE!!!! tutte le parti della pianta, ma in particolare i semi, sono tossiche per ingestione, provocando sintomi come depressione del sistema nervoso, disidratazione ed alterazione del ritmo cardiaco in conseguenza di gastro-enteriti di tipo emorragico


Euphorbia candelabrum Trem.

famiglia: Euphorbiaceae
sinonimo: Euphorbia erythraea
nomi comuni: euforbia a candelabro, califfa

ETIMOLOGIA: il nome generico deriva, secondo quanto scrisse Plinio, da Euphorbos, medico del re Juba della Mauritania ed è quello con cui Dioscoride rinominò alcune piante di questo genere. Secondo un'altra interpretazione deriverebbe dai due termini greci (buono) e forbé (cibo), ma è meno credibile in quanto gran parte delle euforbie è tossica o velenosa. L'attributo specifico latino candelabrum allude al portamento della pianta, che ricorda un candelabro a più bracci.


l'euforbia a candelabro è una pianta succulenta sempreverde a portamento arboreo, simile ad un cactus, eretta e ramificata, originaria delle regioni orientali africane, lungo la Rift Valley, dall'Abissinia al Corno d'Africa, alta fino a 10 metri e larga fino a 5. Si può coltivare in piena terra all'aperto solo nelle zone dove il clima è mite. Preferisce esposizioni soleggiate, con terreno umido ma molto ben drenato, povero di sostanza organica. Se tenuta in appartamento ha bisogno di un periodo invernale di riposo, con temperature  intorno ai 10°C, in posizione molto luminosa e senza annaffiature: ciò per evitare nuove crescite, che per la scarsità di luce solare risulterebbero essere poco verdi e stentate, deturpando la pianta in modo irreparabile.



i rami si presentano quadrangolari e costoluti, muniti di spine grosse e corte disposte a coppia, lucidi e di colore verde scuro, disposti a candelabro su un fusto centrale colonnare, che diventa legnoso alla base quando la pianta è molto vecchia. Le foglie, piccole e lanceolate, compaiono solo sui giovani getti e cadono precocemente. I fiori, riuniti in infiorescenze a ciazio (tipiche delle euforbie), avvolte da brattee gialle, si sviluppano lungo le costolature, nella parte più alta delle ramificazioni


come tutte le euforbie contiene all'interno dei propri tessuti un latice che è tossico ed irritante per la pelle, per cui se si effettuano dei tagli sulla pianta è opportuno utilizzare guanti per proteggersi. Nella medicina etiopica il latice di questa pianta, miscelato con miele o con altre erbe, è utilizzato per per la cura di malattie come sifilide e lebbra


Yucca filamentosa L. 1753



famiglia: Agavaceae
sinonimi: Yucca concava, Yucca recurvifolia, Yucca smalliana
nome comune: yucca



ETIMOLOGIA: il nome del genere fu mutuato dal nome comune con cui questa pianta veniva chiamata nelle zone d'origine, yuca, riferito da John Gerard (1545-1611) che introdusse questa pianta in Europa e poi adottato da Linneo. L'epiteto specifico ha origine dall'aggettivo latino filamentosum (filamentoso) in riferimento sia alla forma delle foglie, lunghe e strette, sia alla presenza di fibre filamentose tra esse






la yucca è un arbusto sempreverde con fusto succulento, simile ad una palma, originario delle regioni calde degli Stati Uniti, molto longevo ed adattabile. Può raggiungere l'altezza di due metri e la larghezza di un metro. Pianta molto decorativa, resiste assai bene all'aridità del terreno, grazie alla capacità di immagazzinare acqua nelle foglie. Trova impiego nei giardini per la sua forma elegante e per la fioritura spettacolare: nonostante l'aspetto esotico, è assai versatile e resiste egregiamente sia al caldo cocente, sia al gelo feroce. Essendo pianta originaria di zone quasi desertiche, esige posizioni riparate dai venti gelidi e molto soleggiate, oltre a terreno ben drenato e privo di ristagni idrici



questa specie presenta un fusto legnoso e succulento, alto fino a 1,5 metri, nella parte apicale del quale si trova una rosetta di foglie erette, rigide e strette, coriacee, lunghe fino a 50 centimetri, con bordi fibrosi e talvolta sfilacciati, di colore verde-glauco, appressate tra loro  



i fiori, color bianco-crema, penduli, lunghi 5-8 centimetri, sono riuniti in pannocchie apicali erette, lunghe da 50 fino a 150 centimetri e compaiono in giugno-luglio




USO ALIMENTARE OD OFFICINALE: l'impiego fitoterapico della yucca è tradizionalmente destinato al trattamento di disturbi quali artrite, diatesi artritica, alopecia, capelli deboli, forfora..
I principi attivi della droga, che vengono estratti dalle foglie, sono essenzialmente saponine sferoidali (sarsapogenina, marcogenina, gitogenina, smilagenina, sapogenina, neogitogenina ecc.).
La yucca è una pianta dalla bassa tossicità e, alle dosi terapeutiche consigliate, non vi sono particolari controindicazioni al suo utilizzo, fatta ovviamente eccezione per le ipersensibilità di carattere individuale

Attenzione!!!
Questi non sono consigli medici!! Usate eventuali prodotti con cautela e solo secondo le prescrizioni del medico o dell’erborista


 

Opuntia ficus-indica (L.) Mill.

famiglia: Cactaceae
nome comune: fico d'India, ficodindia

ETIMOLOGIA: il nome del genere è lo stesso termine usato dagli antichi latini per indicare questa pianta, presente in alcuni scritti di Plinio il Vecchio e probabilmente derivato dal nome della città greca antica di Opunte, capitale della regione della Locride Opuntia. L'attributo specifico è di origine latina e sta letteralmente a significare 'fico dell'India'.




è una pianta succulenta arborescente, alta fino a 3,5 metri, originaria del Messico ma ormai naturalizzata nelle zone temperato-calde di tutti i continenti. L'apparato radicale è superficiale, non supera in genere i 30 cm di profondità nel suolo, ma di contro è molto esteso. È una tipica pianta aridoresistente, quasi indifferente alle diverse condizioni pedologiche, che richiede temperature superiori a 0 °C, al di sopra di 6 °C per uno sviluppo ottimale. Temperature invernali prolungate al di sotto di 0 °C, pur non costituendo un fattore limitante per le piante selvatiche, deprimono l’attività vegetativa e la produttività delle piante




il fusto è composto da cladodi, comunemente denominati pale: si tratta di fusti modificati, di forma appiattita e ovaliforme, lunghi da 30 a 40 cm, larghi da 15 a 25 cm e spessi 1,5-3,0 cm, che, unendosi gli uni agli altri formano delle ramificazioni. I cladodi assicurano la fotosintesi clorofilliana, vicariando la funzione delle foglie. Sono ricoperti da una cuticola cerosa che limita la traspirazione e rappresenta una barriera contro i predatori. I cladodi basali, intorno al quarto anno di crescita, vanno incontro a lignificazione dando vita ad un vero e proprio tronco.
Le vere foglie hanno una forma conica e sono lunghe appena qualche millimetro. Appaiono sui cladodi giovani e sono effimere. Alla base delle foglie si trovano le areole (circa 150 per cladode) che sono delle ascelle modificate, tipiche delle Cactaceae. Il tessuto meristematico dell'areola si può differenziare, secondo i casi, in spine e glochidi, ovvero può dare vita a radici avventizie, a dei nuovi cladodi o a dei fiori. Da notare che anche il ricettacolo fiorale, e dunque il frutto, è coperto da areole da cui si possono differenziare sia nuovi fiori che radici.
 Le spine propriamente dette sono biancastre, sclerificate, solidamente impiantate, lunghe da 1 a 2 cm. Esistono anche varietà di Opuntia inermi, senza spine. I glochidi, sempre presenti, anche nelle varietà inermi, sono invece sottili spine lunghe alcuni millimetri, di colore brunastro, che si staccano facilmente dalla pianta al contatto, ma essendo muniti di minuscole scaglie a forma di uncino, si impiantano solidamente nella cute e sono molto difficili da estrarre, in quanto si rompono facilmente quando si cerca di toglierle




i fiori gialli, a coppa, compaiono in primavera-estate. Il frutto è una bacca carnosa, uniloculare, con numerosi semi (polispermica), il cui peso può variare da 150 a 400 g. Il colore è differente a seconda delle varietà: giallo-arancione nella varietà sulfarina, rosso porpora nella varietà sanguigna e bianco nella muscaredda. La forma è anch'essa molto variabile, non solo secondo le varietà ma anche in rapporto all'epoca di formazione: i primi frutti sono tondeggianti, quelli più tardivi hanno una forma allungata e peduncolata. Ogni frutto contiene un gran numero di semi, nell'ordine di 300 per un frutto di 160 g